Civetteria

DSCN0989Stare seduti, per una sera tiepida d’agosto, a rimirare cinquecento cittadini senesi in una delle loro performance più veraci – cenino di contrada – e pensare che lì, proprio dove stanno seduti quei cittadini, 754 anni fa iniziò l’affaire Montaperti, la sanguinosissima battaglia e poi un’intricatissima pagina di alleanze e scomuniche, di unioni e divisioni, come fosse oggi. Nella contrada più piccola di Siena, nella piazza Tolomei, la più significativa della città con il bel palazzo duecentesco che torreggia sulle bandiere della Civetta, sono ospite di un piccolo gruppo di contradaioli che mi intrattengono amabilmente. Ogni tanto si alza un canto che diviene subito corale e poi scema in qualche ammonimento paliesco, una battuta .. cose di Contrada che io forestiera solo intuisco, più che capirle fino in fondo. Ma il clima è amabile il simbolo della Contrada più che amabile, ora serve – così diciamo noialtri, laicamente – incrociare le dita.

La Civetta è l’animale caro a Minerva a cui pare fosse dedicato il tempio che sorgeva prima della chiesa di San Cristoforo che sorge di fronte al palazzo Tolomei, uno dei Landmark più prestigiosi e (secondo me) non troppo conosciuti. La civetta è un bel portafortuna, un animalino che piace, non solo a Athena / Minerva, ma è anche popolare, felicemente popolare. Da una vetrina del palazzo Tolomei occhieggia l’insegna di Banca Intesa; me ne accorgo quando mi servono il secondo (arista con contorno di cipolline stufate) … Banca Intesa è un po’ fuori contesto in questa città, ma ciò fa parte del cambiamento, anzi dei cambiamenti.

Ma già, perché ormai tutto può succedere oggi e niente deve più stupire. Ma penso che almeno banca Intesa è italiana. Impossibile immaginare come sarà la piazza – in una sera di vigilia di Palio – tra un centinaio di anni, che cosa canteranno i contradaioli, che facce avranno. Ma ora importante è il palio dell’Assunta e sì, insomma, come diciamo noi venuti da fuori, bisogna stare con le dita incrociate.

L’Antro del Mago

Scivola sull’acqua e ti avvolge silenziosamente; all’inizio non te ne accorgi, poi ti avvii quasi in trance verso l’uscio – a volte socchiuso a volte aperto – che occhieggia in basso al termine della ripida scala, seguendo l’odore. Entri e puoi immaginare una specie di ombelico segreto che collega quest’antro con il bacino increspato lì fuori. Tutti i pensieri che ti sono venuti guardando l’acqua di Santa Caterina si sono trasformati in sentori, profumi, odori speziati e benefici. Dalla penombra emergono ceramiche e vetri, cassetti e stipi, etichette e flaconi. E’ l’orto delle meraviglie catturato dal mago Giannelli che sa e qualche volta dice, che studia e lavora, ma non prega per niente.

La regola è un’altra, quella laica della conoscenza cercata e ricercata, un giorno dopo l’altro, fino a farla diventare una collezione di pensieri curanderi. Fuori le acque fremono appena, svaporando in attesa della notte.

DSCN9191DSCN9211DSCN9215DSCN9223DSCN9232DSCN9234DSCN9235DSCN9240

Annegare in un bicchier d’acqua, con una fetta di salame in mano

La chiamano “bomba d’acqua”, perché ormai ciò che conta è la parola – che fa audience -: perché i fatti li abbiamo ormai dimenticati, da tempo; non i fatti staordinari (che ormai si chiamano ordinariamente eventi, come se fossero attività spettacolari costruite per richiamare l’attenzione di un pubblico), tipo alluvioni, smottamenti, crolli, frane, sprofondamenti, eruzioni, allagamenti, terremoti, maremoti; ma penso proprio a tutte le attività quotidiane di manutenzione di un paese – il fare, appunto – che dovrebbe metterci al riparo dalle catastrofi da cui siamo quotidianamente colpiti. Riparare, pulire, rimettere in sesto, aggiustare, risistemare, restaurare, riordinare, ricollegare, consolidare: sono diventati verbi troppo umili per piacere a un mondo di cui leggiamo le gesta, qualche volta i gestacci, sui giornali o (chi ce l’ha e la guarda) in televisione.

Mentre la gente normale si accinge a rivoltare il cappotto (chi ce l’ha ancora), seguendo involontariamente le linee guida della decrescita (in)felice – così come ce l’ha ammanita il buon professore Latouche -, il milione circa di individui che vivono spensieratamente questa stagione di retroversioni, facendo affari d’oro alle spalle di un paese che pare un animale moribondo assalito da saprofiti, elabora progetti fantasiosi che solo tre anni fa sarebbero stati catalogati come assurdità impensabili.

Apprendo che pare si stia considerando di aprire un Eataly nel complesso del Santa Maria della Scala a Siena, dove i prodi amministratori senesi (e dintorni) non sono finora mai riusciti ad accordarsi per un progetto museale adeguato alla grandezza morale e spirituale del luogo. Se questa notizia sfiorasse anche solo da lontano la verità delle cose, sarebbe un rilancio singolare del pellegrinaggio sulla Via Francigena. 

I nuovi pellegrini (la parola intesa nell’accezione lombarda) verrebbero comunicati con l’opportuna fetta di finocchiona (fatta con maiali importati dagli allevamenti intensivi tedeschi), mentre il paese (la provincia di Siena come parte di un tutto) affoga in un bicchier d’acqua piovana DSCN8785

Svanimenti

Ho ascoltato con interesse oggi alla radio, mentre guidavo in val d’Orcia e adiacenze, un manipolo di scrittori del Nordest parlare della scomparsa del paesaggioDSCN8649 nel Veneto – un paesaggio rinomato costellato di ville patrizie (tra cui quelle palladiane); e qualcuno diceva pure che la risulta di un’industrializzazione fatta senza pianificazione e senza valutare gli effetti che avrebbe avuto sul paesaggio (con ricadute drammatiche in diversi ambiti), dovrà essere recuperata – deve essere recuperata, dai cittadini delle nuove generazioni … I ragionamenti e la discussione erano tutti molto interessanti; nel frattempo io attraversavo paesaggi famosi della Toscana meno antropizzata, eppure anche qui segni di scempi permessi da sindaci e da regione. Ma naturalmente qui siamo partiti da una zona e da situazioni di meraviglioso abbandono. Ora, nonostante la crisi e i mutamenti prodotti (o forse proprio a causa di quelli c’è un nuovo incubo, quello della ricerca di risorse “rinnovabili”, cioè energia dalla geotermia. Quello che non si rinnoverà nel caso si dovesse intraprendere quella strada, è proprio questo paesaggio, ancora incompreso dalla politica e dai sindaci

La bellezza non basta mai

DSCN5758Arrivano quassù dopo una gran pedalata nel paesaggio, oppure – più banalmente – in auto; talvolta a piedi; mi aspetto che, prima o poi, giungano a cavallo in minuscole carovane. La meta è nel viaggio, è poter dire “son salito lassù”, un caffè è l’esile premio di una scelta non banale. Oppure – ben più sontuoso – un bicchiere di vino, ma da gustare a piedi nudi (le signore) affacciati sul paesaggio che chiama – anche se sei seduto in uno dei due allegri ed eleganti ristoranti che accolgono il viandante (meglio se acchittato shabby chic); il paesaggio che ti costringe ad alzarti e non limitare la visita e la vista alle bontà che il luogo offre.

Attenzione! Il buono c’è perché c’è tanta bellezza qui intorno; e non tutti hanno capito fino in fondo che la bellezza è indispensabile: all’umore, alla salute dell’anima e pure a quella del corpo. Si sale quassù per nutrirsi di bellezza e va da sé che poi ci si sieda per chiudere il cerchio, tra bellezza e bontà. “Credimi”, mi dice l’ospite gentile e attento “giro molto per luoghi non banali, ma qui c’è davvero qualcosa di speciale”.DSCN5764Se lo capissero tutti – penso, mentre lui parla e prende appunti con il tablet – sarebbe un miracolo, anzi un terno al lotto. Ma sull’idea che siano margaritas ante porcos, mi bevo un caffè e guardo il paesaggio: la bellezza non basta mai, se poi è anche così buona e generosa, figuriamoci!