A piedi, a piedi!

DSCN6504Un antidoto all’afa che riduce l’adrenalina a risciacquatura di piatti? Aprire e chiudere la giornata con una bella camminata veloce, incuranti dell’afa (di sera) e del sole che sorge (prima delle sei) al mattino, e ti trafigge gli occhi (occhiali scurissimi, per chi come me non se lo può permettere). Strasudati, via sotto la doccia; cene leggere (verdurine a gogo), notti brevi, ma adrenalina che torna ai livelli normali. Parola d’ordine: alleggerire (alleggerirsi). E con i ristoranti che brulicano di gente, i soliti adoratori del sole che al tramonto si appollaiano sulla sunset Promenade di Sant’Angelo in Colle – direte o penserete voi – con un bicchiere di quello super buono che dondola e rotea in controluce (come un secondo sole, non meno affascinante dell’altro), come si fa a fare il classico ‘passo indietro’ dalle gioie della tavola?

Semplice: ci si convince che è meglio così. Si prende l’abitudine di bere pochissimo ma straordinariamente bene (poi molta acqua); verdurine come sopra e piccoli piatti nutrienti ma di dimensioni molto contenute.

Ma allora sei a dieta?! Nossignori, si gode del poco e i pensieri propedeutici a tali obiettivi non mancano. Si acquisisce il cambiamento profondo e globale, che ci chiede di mutare e interpretare in modo non pietistico, non afflitto, questo nuovo tempo in cui se si vuole ostentare, non si può che esibire una nuova asciuttezza di costumi, di abbigliamento, e forse anche di parole. L’eleganza del ‘poco’ è riservata a chi sa come procedere per sottrazioni: meno mobili, meno suppellettili, meno ornamenti, meno trucco, … meno ciccia.

L’ormai vecchio Latouche ormai sussurra la sua predica, invita a scoprire l’eleganza della (falsa) frugalità, frequentare il tema della condivisione (indispensabile diventare solidali) e giustamente spara sul concetto di ‘crescita sostenibile’ bollandola come una locuzione ipocrita.

Andare a piedi oltre a giovare (v. sopra), a stimolare, ad allenare il corpo (ma soprattutto la mente!) permette di incontrare il mondo vegetale e dialogare con esso. Credo di aver già confessato che parlo con un albero – il fico magico del Ricci – e posso aggiungere ora che il fico mi risponde. Ho sentito sghignazzare qualcuno a questo riguardo, eppure è così. Non sempre gli passo accanto, ma ogni volta non manco di salutarlo e di fargli una carezza. Lui mi guarda e risponde. Una grattatina sulla sua pancia formidabile, poi via, con le adrenaline tutte ben messe a fare una doccia e a leggere qualcosa di fresco e di buon gusto, tipo Alan Bennett. Buona notte.DSCN6505

Annegare in un bicchier d’acqua, con una fetta di salame in mano

La chiamano “bomba d’acqua”, perché ormai ciò che conta è la parola – che fa audience -: perché i fatti li abbiamo ormai dimenticati, da tempo; non i fatti staordinari (che ormai si chiamano ordinariamente eventi, come se fossero attività spettacolari costruite per richiamare l’attenzione di un pubblico), tipo alluvioni, smottamenti, crolli, frane, sprofondamenti, eruzioni, allagamenti, terremoti, maremoti; ma penso proprio a tutte le attività quotidiane di manutenzione di un paese – il fare, appunto – che dovrebbe metterci al riparo dalle catastrofi da cui siamo quotidianamente colpiti. Riparare, pulire, rimettere in sesto, aggiustare, risistemare, restaurare, riordinare, ricollegare, consolidare: sono diventati verbi troppo umili per piacere a un mondo di cui leggiamo le gesta, qualche volta i gestacci, sui giornali o (chi ce l’ha e la guarda) in televisione.

Mentre la gente normale si accinge a rivoltare il cappotto (chi ce l’ha ancora), seguendo involontariamente le linee guida della decrescita (in)felice – così come ce l’ha ammanita il buon professore Latouche -, il milione circa di individui che vivono spensieratamente questa stagione di retroversioni, facendo affari d’oro alle spalle di un paese che pare un animale moribondo assalito da saprofiti, elabora progetti fantasiosi che solo tre anni fa sarebbero stati catalogati come assurdità impensabili.

Apprendo che pare si stia considerando di aprire un Eataly nel complesso del Santa Maria della Scala a Siena, dove i prodi amministratori senesi (e dintorni) non sono finora mai riusciti ad accordarsi per un progetto museale adeguato alla grandezza morale e spirituale del luogo. Se questa notizia sfiorasse anche solo da lontano la verità delle cose, sarebbe un rilancio singolare del pellegrinaggio sulla Via Francigena. 

I nuovi pellegrini (la parola intesa nell’accezione lombarda) verrebbero comunicati con l’opportuna fetta di finocchiona (fatta con maiali importati dagli allevamenti intensivi tedeschi), mentre il paese (la provincia di Siena come parte di un tutto) affoga in un bicchier d’acqua piovana DSCN8785

Uno su due

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In Europa, gli italiani sono la popolazione con il più alto numero di ore passate davanti alla televisione; un italiano su due non legge nemmeno un libro all’anno. Ho sentito questi dati alla radio, ma sono numeri familiari, anche se nella popolazione dei giovani (per quanto riguarda la lettura) sono un po’ meno drammatici.

Nella giratina di stamane, fatta con l’idea di annotare un’anteprima dei colori d’autunno, pensavo che se uno guarda certi programmi tv è un po’ come se diventasse cieco (e sordo); poi non può avere occhi per vedere altro, figuriamoci i colori delle bacche o dei licheni, o quelli dell’invaiatura delle olive. E perché mai dovrebbero interessargli i colori delle bacche e dei licheni eccetera? Cosa resta dentro, dopo una serata davanti a Bruno Vespa o a un altro dei profeti che riformano le idee del telespettatore? Quanto può importare il colore delle bacche a un signore che scivola nel dormiveglia guardando un ‘format’, che si chiama così proprio perché ha (deve avere) un bioritmo sempre uguale al modello originale,inventato per far scattare tutta una serie di relais mentali a chi guarda, provocandogli sentimenti prevedibili e previsti? “Un italiano su due eccetera …”: il colore delle bacche sarebbe importante per la nazione.