Scopro la citazione di Gramsci – che definisce la crisi come il momento (sospeso) tra il vecchio che muore e il nuovo che stenta a nascere – girovagando su FB. Curiosamente non è un italiano a riportarla (ma in italiano), bensì un francese, ferito nell’attacco a Charlie Hebdo e ‘risorto’ dopo essersi beccato tre pallottole jihadiste. Non ricordo il suo nome, ma mi ha colpito la fermezza e la lucidità del suo commento, che contiene la frase di Gramsci, e la usa per sottolineare questo momento cupo, di torbidi eventi e relative speculazioni, evidentemente tese a togliere spazio alle voci dei cittadini, più che a migliorare la nostra sicurezza.
Mi ha colpito questa voce perché raccontando tutto quello che ci imprigiona e schiavizza, praticamente elenca tutte le commodity, gli accessori, le tecnologie che costellano la nostra esistenza – anzi la trapuntano e la costringono a loro immagine e somiglianza – … e dentro alla cronaca ci sono tutti i presidi che ormai ci appaiono indispensabili (principalmente auto, digitale e telecomunicazioni) e mi par di capire che ciò che ci ingabbia non è la tecnologia, bensì l’uso che ne facciamo, banalizzandola e lasciando che ci renda più banali di quanto già non riusciamo ad essere da soli.
Immobilizzata da una gamba ingessata – e un po’ inferocita dalle limitazioni conseguenti – ho più tempo per pensare e sono anche incline a cercare consolazione riflettendo su eventuali vantaggi della mia condizione. Non che siano molti – anzi quasi non ne vedo, ma oggi la mia altrimenti magra e solitaria giornata è stata rallegrata dalla visita dell’amica Ilaria – che mi ha caricata in auto (ah ecco l’auto che serve, eccome!) – e da un cestino di soccorso alimentare di Paloma che mi ha donato una serie di cose buone (quelle che ‘non vengono dal mondo’, come recitava il pay-off della Kraft,quando la globalizzazione non era ancora nemmeno una parola).
Nel cestino (anzi sacchetto di carta riciclata), che Paloma ha riempito di cibo preparato da lei medesima, tra vasi e vasetti ho trovato anche un bel pezzo di pane (che ho fotografato e che vi propongo qui sopra), avvolto con cura e ben legato. Il pacchetto profuma intensamente (e forse oggi l’aria è più fina del solito perché è da stamattina che cerco gli odori che abitano la mia vita qui in campagna) e nella scia di quel profumo ho quasi visualizzato i germogli di tante novità, di nuovi sguardi e nuove interpretazioni … un modo diverso di stare nel mondo … Andrò a dormire con questo inizio di sogno e con la speranza – suggerita dal pane di Paloma – che qualcosa di nuovo possa trovare una fessura per insinuarsi nella nostra vita.