Mentre a Siena si recita la tragicommedia che ha il compito di ri-editare ad usum di noi (popolo bue?) in modo digeribile, il colpo (molto) grosso della classe dirigente e politica dernier cri, scivolo con l’amica Jolie verso la costa, con la pretesa di mostrarle una Toscana dove ‘non se la tirano’. L’accompagno in questa domenica invernale nella piazza del Duomo di Grosseto, dove frotte di bimbi, vestiti da pantere, giaguari e altri feroci animali, si lanciano manciate di coriandoli, indifferenti alle fronti aggrottate di adulti un po’ meno lieti, che forse si stanno domandando che fine farà il loro posto di lavoro, il contributo per l’associazione, il credito della piccola impresa, il finanziamento per tirare avanti l’officina,…
Dalla piazza del Duomo ci avviamo per il corso e inchiodiamo gli occhi su alcune metope che emergono dalla spoglia facciata di una chiesuola, per apprendere quasi subito – grazie allo sguardo attento di un ciclista anzianotto – che trattasi dell’edificio più antico del luogo, il primo costruito sulla via Aurelia primigenia e ora un po’ dimenticato (forse non rappresenta convenientemente la grandeur toscana?). Proseguiamo l’escursione pomeridiana visitando un’altra chiesa, dove trovasi anche una Madonna a cui chiedere una “grazia”: una Madonna piuttosto efficiente, se si dà credito ai numerosi ex-voto che la incorniciano. Io saprei anche quale grazia chiederle: vorrei che la classe dirigente e politica di cui sopra si mettesse una mano sul cuore, e con l’altra si tolgliesse dagli occhi il ciuffo ribelle che glieli ombreggia e finalmente capissse che siamo stufi di essere vilipesi e derubati;”vilipesi” in quanto trattati da minus habens, “derubati” non credo occorra spiegare perché.
Trascino poi l’amica verso il mare, per mostrarle – prima che qualche genio contemporaneo della politica o dell’impresa trovi il modo di distruggerlo traendone un illecito ma cospicuo profitto personale – un sito naturale affascinante, con alberi che pur patendo per le cattive politiche ambientali, ancora riescono ad essere un magnifico scenario naturale. Le mostro il mare, con la spiaggia ancora bella, e l’isola del Giglio, dove prometto di accompagnarla appena le beghe, i processi, l’indecisione italica, le smentite e le promesse ministeriali, sposteranno l’enorme carcassa testimone di ciò che resta di un popolo di navigatori che santi non son mai stati.
Mentre “già tutta l’aria imbruna – torna azzurro il sereno“, le racconto com’era imperfetto, ma vivibile, il mio paese, quando ero giovane e mi pareva che si rubasse un po’ meno; siccome “tornan l’ombre giù da colli e da tetti“, scattiamo qualche foto, perché quest’Italia si sgretola di giorno in giorno e non si sa mai se il giorno dopo la ritrovi.
Ce ne torniamo quindi a Sant’Angelo in Colle, “al biancheggiar della recente luna“, dove mi leggo un paio di quotidiani e mi viene da piangere.