Mi ha fatto piacere capire e sentire che non sono stata la sola a rimanere sconvolta. Oh, naturalmente è un piacere per modo di dire, pensando alla ragione del turbamento profondo che mi ha dato tanta angoscia. La ragione è l’orribile – tristissima e apparentemente anacronistica – immagine di soldati, disarmati e legati, vilipesi, umiliati, e fatti oggetto del lancio di spazzatura da parte di una folla di cittadini, qualcuno addirittura con il cane al guinzaglio, ignari dell’autoumiliazione che si infliggevano degradandosi, divenendo inumani, subumani e non so nemmeno più come definirli – dio mi guardi dal chiamarli bestie, perché la dignità nella foto è retaggio del cane, seppure al guinzaglio -; un’immagine che appartiene ad ere che noi europei (per una volta provo ancora a esserlo) superbamente ritenevamo fuori uso, fuori contesto, fuori in assoluto, rispetto alla nostra “civiltà”, al nostro mondo “democratico”.
Ma ti svegli una mattina e scopri che c’è anche un imbecille pseudo islamico, esaltato, che crede di farti paura tagliando la testa – ma non la dignità – a un uomo imprigionato, legato, rasato, nel tentativo vano di azzerarlo e farne un simbolo. E poi c’è anche un delinquente assassino che alle porte di casa tua taglia la testa a una donna ucraina, non si sa bene perché. Né precisamente lo si saprà mai, dato che la polizia, volente o nolente, l’ha ucciso.
Allora la tua unica, microscopica, speranza sta nell’intuire che altri – come te – sono rimasti turbati e sconvolti oltreché dai fatti in sé, da ciò che significano per coloro che li vivono sulla propria pelle, anche (forse soprattutto) per ciò che quei comportamenti significano per noi: sono tamburi di guerra, una terribile promessa – pianificata a tavolino – che subiamo senza ribellarci, nel timore di perdere la nostra brioche quotidiana