Buona Pasqua di Risorgimento

DSCN5683Se penso alla Pasqua di dieci anni fa, che cos’è cambiato? Tutto – mi sussurro da sola – tutto! Anche se c’è qualcuno che scaramanticamente finge di non accorgersene. E’ cambiato il lavoro che sta sparendo, sono cambiate le nostre giornate perennemente connesse, è cambiata la politica ormai ego riferita; cambia la nostra lingua diventata un italiano imbastardito; è cambiato il paesaggio delle persone, con l’aumento dei vecchi soprattutto in città; sono cambiati i nostri costumi e la nostra visione del futuro che si è incupita. Sono cambiate le nostre prospettive, nonostante gli sforzi di alcuni che ogni tanto alzano la testa dai propri interessi perseguiti con tenacia, per declamare che tutto sta cambiando in meglio.

Guido in mezzo alla campagna addolcita da mille sfumature delle stagioni che intrecciano i loro colori, incuranti delle magagne umane, della nostra inconsistenza, delle nostre debolezze. Guido in un paesaggio ben conosciuto – tra San Quirico d’Orcia e il bivio per la Foce – in mezzo a un traffico esitante, tipico del turismo stagionale con i rallentamenti improvvisi di chi non si ricorda di essere per strada, insieme ad altri. Mi accorgo di essere senza gasolio e mi fermo a un distributore.

L’uomo – grande e grosso – mi si avvicina e suppongo che mi stia guardando dietro alle lenti scure con cui è bardato; gli sorrido, ma senz’altro userò il self service, e il mio sorriso è quasi di scusa perché farò a meno dei suoi servigi. Il mio sorriso però si spegne di botto leggendo il prezzo dei carburanti, in tempi di Isis e di crollo del prezzo del petrolio. Un euro virgola sessanta e più centesimi (al self e per il gasolio): io resto a bocca aperta. “Ma quanto costa la benzina qui da voi!?”. Esclamo non tanto per protesta, quanto per dovere di protesta. Perché da sempre penso che nessuno debba camminarmi sulla pancia obbligandomi al silenzio, e lo faccio anche in nome e per conto di tutti quelli che per distrazione, per viltà, per insipienza o per mancanza di tempo stanno zitti.

Vengo investita da una marea di parole irridenti “lei chiacchiera ma non sa quello che dice” è solo un piccolo campione della sua dialettica. Mi infilo gli occhiali neri anch’io e esordisco dicendogli che “so benissimo che lei è impotente e il prezzo non lo fa lei”, so che è la compagnia semmai ad approfittare del fatto che il distributore è l’ultimo (o il primo, venendo dalla direzione opposta) dopo un lungo tratto di strada e però declino l’offerta del numero di telefono per chiamare la Kiùeit e vedermela con loro. “Non serve a niente e sarebbe tempo sprecato”.

Mentre ci scambiamo le ultime battute villane e mi convinco che se la strada non fosse trafficata come oggi quel balosso potrebbe anche darmi uno spintone tanto per gradire, mi viene in mente quello che ho letto qualche giorno fa, a proposito dei prezzi al dettaglio dei carburanti: “Con la Pasqua e un bel po’ di gente in giro il prezzo della benzina salirà” e penso che, in questo, il paese non è cambiato: è più uguale che mai ai suoi politici.    

A Ovest del Sole

(“Je suis Japonaise”) Sembra che il genere (dis)umano abbia espresso un’ennesimo mostro … Mi sono svegliata pensando alle lacrime della signora Goto – dall’altra parte del mondo – e al figlio Kenji, obbligato ad assistere al macello dell’amico e a riproporlo al mondo; anch’egli possibile prossima vittima sacrificale al disegno sadico di un mandante ignoto.

Dimentichiamo velocemente gli orrori del passato, sconvolti da quelli che ci “offre” la quotidianità. Me lo ricordava avant’ieri John McNamara e me lo faccio tornare in mente, riandando a diaspore e genocidi, massacri e atrocità del passato, constatando che ancora una volta Cavalli Sforza ha ragione – siamo tutti tutt’uno, non c’è razza che tenga, nonostante gli ignoranti perseverino a crederlo – anche se non siamo capaci di vedere dietro le apparenze; apparteniamo allo stesso genere e tutti siamo capaci di atrocità, val la pena tenerlo a mente …

Oggi sarei anche greca (“je suis Grecqe”) pensando al tentativo dei Greci di alzare la testa dal giogo europeo e tutte le trappole connesse, e pensando anche a quanto la scelta dei greci ci costerà – cioè a quanto ci faranno pagare -: gira nella mia testa il pensiero che tutto ciò accade mentre il prezzo del petrolio sta scendendo e così cambiando gli equilibri di stati e paesi, e soprattutto della gente che ne è vittima. Quanto pagheremo, per esempio, per il calo del prezzo del petrolio?

 

La Scoperta del Paesaggio

Lo dicevo io che prima o poi il paesaggio sarebbe diventato il protagonista di questa Italia strana, che invece di avere cura di se stessa e presidiare le sue bellezze, ha cominciato nel secondo dopoguerra a (far) costruire raffinerie; non certo il massimo da affiancare ai lasciti di popoli e generazioni che nel Belpaese hanno stratificato testimonianze artistiche da Unesco, durante i secoli.
Sono bastati pochi decenni e un paio di generazioni di politica del ciarpame per ossidare i segni lasciati nei secoli dal lavoro dei contadini, degli artigiani e dei grandi artisti, ma niente paura; ora la politica si è accorta del paesaggio e vuole tutelarlo.
Spero però che l’esempio dell’ attenzione a questo bene delicato e misconosciuto non sia quello che mi giunge per mail dal comune di San Quirico, il cui sindaco mi sembra persona molto rispettabile.
Perché pare che vi sia un contenzioso con la McDonald, che si è inventata un hamburger la cui protagonista è la Chianina (povera Chianina: finire in un Mac). Che cosa ha combinato la McDonald? Ha ambientato il McItaly fatto con chianina, in un paesaggio bucolico, che riprende (a me non pare manco troppo fedelmente) un paesaggio toscano famoso, quello in cui, sul confine tra Montalcino e SanQuirico, fanno bellissima presenza i cipressi di un roccolo largamente usato dalle Poste Italiane, da alcuni agriturismi marchigiani, e da molti altri ..da un bel po’ di tempo a questa parte.

Reazione (leggo) dell’amministrazione comunale: “se ne guardino bene, dall’usare quel paesaggio famoso”, a meno che la MacDonald, scriva chiaramente che il paesaggio, usato quale sfondo al terrificante paninazzo, è quello di San Quirico d’Orcia. In altre parole si dà il destro alla McDonald di usare le bellezze di un paesaggio unico, purché se ne approfitti fino in fondo, apponendo anche una didascalia che autorizza quell’accoppiata un po’ innaturale.

Sull’uso (e gli abusi) relativi al mitico roccolo di cipressi, la Mc Donald è l’ultima arrivata, mentre le poste italiane hanno fatto campagna, per più di un anno, inondandoci della foto che riproduce i cipressi, fino a farci morire di noia. Anche se – d’accordo – le poste italiane (pur scalchignanti) – sono più decenti, dal punto di vista dell’accoppiamento con un paesaggio così emblematico.

Ma perché mai, mi domando poi, si dovrebbe scrivere, sotto una foto di un panorama, il nome del comune in cui ‘sto panorama è situato? Non mi pare che sia una condizione che tutela il paesaggio, che è di tutti. Mi sembra invece che la tutela del paesaggio sia tutta nelle scelte che determinano dove, quanto, come e se COSTRUIRE, consumando colline a pianure, boschi e coltivi. E nell’insegnare ai cittadini, soprattutto nei giovani, che il paesaggio – fonte di benessere spirituale e attrazione per il visitatore – è patrimonio loro: perciò essi ne sono i primi fruitori e devono esserne i custodi.

La Mc Donald non mi piace, non mi piacciono le sue scelte di marketing, che mi ricordano i saprofiti; l’idea di una bella chianina bianca che finisce da morta in un Mac, mi raccapriccia e mi riempie di tristezza, ma se tutti i sindaci d’Italia decidessero che per fotografare o filmare il paesaggio occorre un’autorizzazione, vorrebbe dire che nessuno più potrà ambientare un servizio di moda, o un reportage, o una commedia o un film, in Italia. Vorrebbe dire soprattutto che ci si è dimenticati che il paesaggio e il territorio sono di tutti, sono un bene comune.