Carabinieri e pervasivi

Mentre ci si domanda a chi convenga questa improvvisa proliferazione di attentati (a poveri preti solinghi, a famiglie spensierate, a giovani che celebrano la sera festaiola) e mentre si comincia a pensare – oltre il gesto o la catena dei gesti – che questo è il prodromo di qualcosa di cui ignoriamo forma e sostanza, viene anche da chiedersi a che ‘santo’ votarsi per un briciolo di sicurezza in più.

Dopo mesi (anni, decenni) di lettura di quotidiani che, anche senza scandagli profondi, ci lasciano sospettosi e certi. Sospettosi nei confronti di tutto e di tutti, certi dell’universale disonestà, soprattutto di quelli al di sopra di ogni sospetto, uno cerca di capire a chi potrebbe aggrapparsi, chi chiamare, dove bussare, in caso di pericolo – vero, fasullo, immaginario o isterico – … E, certo, in città tutto è più anonimo e ingegnerizzato e complesso, mentre tra un leccio e un ciuffo di ginestre, lungo il filare di una vigna o sotto un olivo – qui in campagna – l’allarme si intreccia con la conoscenza, il pericolo è una mosca nel latte (o così ci illudiamo), il riferimento è più netto: chiamo i Carabinieri.

Il blu solcato dalla striscia rossa, talvolta con giubbotto più o meno segnaletico è il vero punto di riferimento. Talvolta arcigno, talaltra più ‘alla mano’, ma sempre “nei secoli fedele” e dotato di severità confortante, almeno in comunità piccole e definibili dove tutti apparentemente si conoscono, ma all’occorrenza non si riconoscono o diventano improvvisamente irriconoscibili (o sconosciuti!).

Il carabiniere – l’uomo dentro la divisa – è senza maiuscola. Se tutti i Carabinieri si somigliano quando sono in divisa, ogni tanto bisognerebbe ricordarsi che dentro ad essa sono uomini con mente e cuore e sensibilità diversissime. Sbaglia chi lo dimentica, perché si chiamano i Carabinieri e rispondono uomini, garantiti da una divisa che li chiama tutti a un identico spirito di servizio, a dei parametri, a delle operazioni in cui ognuno mette la propria umanità, il proprio sistema nervoso, chi – addirittura – un’idea poetica!

Bisognerà imparare a tenerlo presente, con spirito di sussidiarietà (come richiesto dai tempi), sempre di più; qui in campagna ci sono loro e la loro storia.

Purtroppo

‘Grazie carabiniere gentile e coltivato che hai usato l’avverbio “purtroppo“, non dovuto, ma diventato improvvisamente indispensabile nella nostra conversazione mattutina’.

E’ andata così; ore sette circa, vado a camminare – accidenti all’ora legale, più realista del re – è ancora quasi buio, l’aria è tiepida, la giornata si annuncia perfetta per la vendemmia – per chiuderla, oppure per darci dentro approfittando del sole caldo che asciuga la terra imbevuta d’acqua. Salgo, di buona lena, verso una delle vigne che frequento per camminare sola e in silenzio; è un luogo, questo, dove due anni fa ho visto passeggiare due deliziosi conigli (uno quasi domestico, perché buttato dall’auto dai padroni che andavano in vacanza) finiti nel mirino della volpe che avevo visto in agguato spiare dal bosco limitrofo. In questa vigna ho anche visto pascolare un plotone di caprioli habitués; per un lungo periodo all’alba vi stazionavano colombi in visita da un vicino podere; stamattina nel semibuio sentivo pispolare, zirlare, quasi cinguettare …DSCN7464 Vicinissimo al mio orecchio frullio di ali spaventate, proseguo e continuo a sentire suoni e richiami, ahh richiami, ecco! Scopro dodici gabbiette con altrettanti tordi bottacci prigionieri e mi metto a brontolare ad alta voce … ma è consentito cacciare con i richiami vivi; ancora oggi in tempi non ancora di nuova fame, possiamo costringere un tordo bottaccio alla vile pratica del malinchismo? In altre parole, si può ancora oggi cacciare usando un tordo come richiamo contro i suoi fratelli pennuti? Ai miei berci, si materializza un vecchio, grande e cadente, si qualifica (con gentilezza) quale fiorentino e mi chiede – senza vergogna – se di solito il passo avviene in quel punto. Altrettanto spudoratamente gli spiego (con aria amichevole) che il passo, no, avviene di là dal bosco, praticamente per starci a tiro bisogna camminare sul bordo della provinciale. I poveracci in gabbia zirlano e pispolano, spaventatelli, saltando di qua e di là, contro le sbarre dell’angusta prigione. Penso di saltare addosso al vecchio e dargli una bella stretta a due mani (intorno al collo scarno): so però che non è così semplice strangolare un uomo … mi riprendo in tempo e gli chiedo se sa di trovarsi in terra altamente inospitale – Grosseto, qui, vero?, mi fa -. Gli sottolineo che siamo sul confine, ma in terra pericolosa e senese, gli ringhio con un mezzo sorriso. Poi lo lascio alla sua solitaria e squallida cacciata con un “inboccallupoecrepilcacciatorechelasciaibossolinellavigna”. Estrae dal taschino un bossolo esausto e me lo sventola sotto il naso. Me ne vado, pensando che domenica si celebrerà la Sagra del Tordo; mi auguro che sia più che altro un rito simbolico – una festa – accompagnata da un’adeguata mangiatina vegana e, ovviamente, un po’ di vino.

Il Carabiniere subentra quando decido di informarmi sulla reale liceità di richiami vivi e pispolanti. A domanda, gentilmente, mi chiede di pazientare, perché sospetta che sì, siano perfettamente legali, e dopo averlo verificato, torna al telefono, conferma “sono permessi” e aggiunge “purtroppo“.

Mai mi è accaduto di provare affinità e consonanze tali, con un Carabiniere (e raramente i toni mi sono suonati così calati in un clima di calma consapevolezza. Basta! Mi fermo qui a scanso di eccessi.

Il Corriere della Droga

DSCN5902Qui non siamo in Messico e i Narcos più o meno non si sa neppure chi siano. Qui anche le notizie arrivano un po’ smussate (col cappuccino, o il caffè, e la brioche). Ogni mattina, Luca ci porta la Nazione e la Gazzetta dello Sport che ci fanno sentire pienamente italiani: su la Nazione le notizie le devi leggere in filigrana, tanto riescono a essere banali; invece sulla “rosa” ci sono le notizie che contano, e che vengono lette (e commentate accuratamente) ogni giorno, con estrema attenzione. Sia mai che il campionato (mi scuso per la minuscola) fosse scosso da qualche inatteso brivido….

Meno male che c’è la televisione! Ce l’hanno tutti (no, io no, al massimo qualche streaming, ma molto raramente) e così si sentono ancora più pienamente italiani. Io me la faccio con qualche quotidiano, e con la rassegna stampa on line e finora anche con quella radiofonica. Ma da un po’ di tempo a questa parte penso con gratitudine a ‘maman’ che mi ha allevato nella sua lingua e comunque a entrambi i miei genitori che le lingue me le hanno fatte succhiare in luogo delle caramelle. Altrimenti proverei solo malessere per la banalizzazione che ci viene offerta dal giornalismo nazionale, apparentemente incurante dell’immenso macigno che sta sospeso sulle nostre teste.

Ma il villaggio non è abitato da ‘minus’: stamattina dal medico, in sala d’attesa, la gente era meditabonda. Ieri c’è stato il terremoto, lieve, ma l’epicentro era tra Montalcino e Buonconvento; non era per quello, però, che la gente era pensierosa. Una signora mi ha detto “mio marito pensa che presto ci sarà la guerra”. Guarda caso, recentemente l’ha detto pure Kissinger, che anche se non legge la Gazzetta dello Sport è uno ben informato. Ce ne fosse stato bisogno, avrei avuto la conferma delle doti degli abitanti: pure sensitivi e telepatici; magari fossero così lungimiranti i giornalisti (soprattutto quelli della Nazione)! Ma  lo sappiamo che la loro tastiera (la penna non usa più, da un pezzo) è strettamente vincolata agli interessi di editori (che da lungo tempo hanno interessi ben diversi da quelli dei cittadini).

Tutto sommato, non siamo in condizioni molto diverse dal resto dell’Italia, qui in campagna, anche se per andare a comprare un quotidiano (a parte i due di cui sopra) bisogna fare quattordici chilometri. Li faccio io – ogni giorno – e dato che non manca giorno che io vada “via”, da un po’ di tempo a questa parte mi faccio scrupolo di chiedere chi ha bisogno di medicine (la farmacia è accanto all’edicola, in qualsiasi direzione si vada); così qualcuno mi chiama, facendo lo spiritoso, “il corriere della droga”. I Narcos non c’entrano, e nemmeno la squadra narcotici, ma con questo nick name, gli abitanti svelano, ancora una volta, ironia e sensibilità. E pensare che quando il turista ignaro si arrampica quassù, dopo aver ammirato il paesaggio e il vecchissimo paese così ben tenuto, guarda con aperta benevolenza gli abitanti, pensando che essi vivano un po’ fuori dal mondo; invece qui non manca nulla. Oltre alla tv, c’è pure il “corriere della droga”!