Al Nemico pela il Fico

Il fico comune (Ficus carica L.) è una pianta xerofila dei climi subtropicali temperati, appartenente alla famiglia delle Moraceae. Rappresenta la specie più nordica del genere Ficus, produce il frutto detto comunemente fico.Ficus CaricaIncombe il Ferragosto e mi secca pure ricordarlo nel mio diario on line. Ogni anno mi pare la stessa storia, con poche varianti che non fanno altro che incrementare la banalità della ricorrenza e dei commenti che la riguardano. Ma alcuni ricordi piacevoli vengono stimolati dal profumo delle piante e delle erbe; chi ha l’abitudine di camminare in campagna, in questi giorni potrebbe farlo ad occhi chiusi e ascoltare con il naso i messaggi delle piante.

Così, già al mattino presto, col primo sole che le stimolano, le piante emettono odori, alcuni più verdi, altri più dolci; tra questi sentori campagnoli, inevitabilmente mi colpisce quello degli alberi di fico: le foglie, i frutti, forse anche il tronco, profumano in modo molto particolare, con un sentore che è il prodromo di quello del frutto, quasi un avvertimento…

E’, quello del fico, un odore di memorie – sensuali, vacanziere, amicali, gastronomiche -; e il frutto, così polposo che “non sta più nella pelle”, stillando umori e resine e fluidi appiccicosi è stato ed è legato a piccole storie il cui ricordo mi fa allegria.

Ho imparato il proverbio “al nemico pela il fico, all’amico il persìco” da Laura Malloggi, in un memorabile weekend d’agosto di un secolo fa, quando la Toscana era ancora il mito di noi milanesi e poco mancava che baciassimo la terra appena riuscivamo a venirci. I Malloggi hanno un bel podere – l’Infernino – , piccino e ben messo, in un’ascella della terra sotto Sant’Angelo in Colle, circondato da bosco ulivi vigne e alcuni alberi da frutta, ficaie (così in toscano) incluse. In quel weekend furono colti i fichi (che non stavano più nella pelle!) e aiutai Laura a pelarli, a passare la polpa al setaccio e fare quindi una gigantesca marmellata di fichi, che più gigantesca non si riesce a immaginare. I fichi erano svariate decine di chili, furono pelati in un nugolo di vespe e api impazzite dall’eccitazione: impiegammo tutta la giornata a preparali, immerse nelle bucce fino ai fianchi, e parte della notte a cuocere la marmellata e a metterla nei vasi. Fino a qualche anno fa ancora si poteva trovare in circolazione qualche vasetto testimone di quell’estate molto calda e delle ficaie molto produttive. Fu durante la pelatura di quei frutti che Laura mi spiegò che la marmellata è l’unica circostanza in cui il fico va pelato, altrimenti va mangiato con la sua buccia che è davvero squisita. Mentre la pesca (il persìco, nel proverbio) ha una pelle fastidiosa e sgradevole: perciò è da pelare, quando lo offri a un amico.

 

Diamo i Numeri

 

Il mio cellulare ieri è sparito – perso o rubato, non lo so e poco importa – sto ricostruendo una nuova rubrica telefonica: per favore, date i numeri. Grazie 

Nella mitologia greca Mercurio (Hermes), figlio di Zeus e della ninfa Maia, era il messaggero degli dèi, dio protettore dei viaggi e dei viaggiatori, della comunicazione, dell’inganno, dei ladri, dei truffatori, dei bugiardi, delle sostanze, della divinazione. Tra gli altri ruoli, Hermes era anche il portatore dei sogni e il conduttore delle anime dei morti negli inferi.

Nella mitologia romana Mercurio rappresenta non solo per la sua velocità i ladri ma è anche il dio degli scambi, del profitto del mercato e del commercio, il suo nome latino probabilmente deriva dal termine merx o mercator, che significa mercante.

Mentre l’estate (e non solo) si avvia a girare la solita boa, con la solita metafora che ci impedisce di guardare oltre e vedere che cosa – davvero – ci sta succedendo, incontro Mercurio (e non era la prima volta) che mi agita davanti la verga d’oro con cui opera prodigi e confonde le visioni. Tra l’idea di ritrovare un’amica che non ci sta più con la testa e quella di togliermi di torno, con garbo e buone maniere, un uomo che la testa ce l’ha sulle spalle, ma la usa poco, cerco di salvare il salvabile. Ci riesco, quasi, ma Mercurio pretende un pedaggio sacrificale e si prende il mio smart phone con ottocento numeri di telefono nella preziosa rubrica. Il ricordo dell’amica resta – indelebile -, l’uomo se ne va e le buone maniere sono salve. E Mercurio mi sbeffeggia perché non so dove guardare, per vedere dove (come) stanno le cose.

La Sindrome dell’Amicizia

doccia Fusina/foglieIn una sera non qualsiasi, l’invito a cena di tre amici ha improvvisamente interrotto angoscia e preoccupazione, con il ricordo della “Doccia Fusina”, la cena sul mare come da giovani, una bottiglia di Vermentino, e una conversazione anatomopatologica che va oltre tutto il resto. Un indimenticabile invito alla leggerezza che sarebbe piaciuto a Calvino, con il mio Professore preferito che ricorda disegni disegnati e prodezze tentate. Una serie di sintomi richiamati alla memoria comune, che messi in fila determinano la Sindrome dell’Amicizia. Allora posso rientrare, meno gravata e senza scantonare.