Dopo mesi di fatica e di immobilità, decido di tentare. Il cane e (per maggior sicurezza) un bastone: caso mai il ginocchio facesse un capriccio. Riparto dall’idea di far contento il cane, travestendo il timore in dovere; nel cielo è tutto un rincorrersi di nuvole, giro accanto al podere (“dov’era l’ombra or sé la quercia spande”) … La caduta della quercia ha cambiato un po’ questo angolo di campagna e più ti allontani più è evidente. A Blackie basta la parola ‘giretto’ per avviarsi, però si volta perché sa che io sto provando, ma non sono davvero sicura di farcela; corre, si ferma, pisciacchia, poi torna indietro e mi guarda. Quando capisce che ci sono e che non ho problemi, riparte. Azzardo il solito giro, più che altro perché non sono certa che lui capirebbe le ragioni di un’abbreviazione; tuttavia nell’ultimo tratto cammina al mio fianco – cosa non proprio consueta per lui -, poi quando siamo in vista del podere va su veloce e mi aspetta davanti all’uscio: è ormai buio e i suoi occhi brillano ammiccanti, come due led. Brinda con un biscotto, per accordi precedenti.
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Quel chilo e mezzo sei tu
E’ stato il pensiero di un attimo.
“Capita, durante un’autopsia, di tenere in mano il cervello di un uomo: una massa gelatinosa, con una consistenza particolare che pesa circa un chilo e mezzo. Mi è successo di pensare in uno di quei momenti che tutto il nostro essere è lì dentro; lì sono i nostri pensieri, il sapere, i sentimenti, la nostra mente…”.
Poi l’anatomo patologo prosegue dando conto – con accenti vibranti, per niente cruenti – dell’emozione che ha provato nel fare questa riflessione. Il tutto avveniva al Festival della Scienza, a Genova, facendomi scattare una serie di domande e allo stesso tempo suscitando in me un’emozione simile. Che i nostri pensieri siano tutti lì dentro – chissà come si accalcano -, che i ricordi e tutto il resto … stiano in quel chilo e mezzo. Mentre ascoltavo alla radio il racconto di quel medico (che ha scritto un libro) guidavo in mezzo alla campagna, e riflettevo sul discorso di Ignazio Visco, fatto a Bari, ripreso poi da Stefano Feltri; discorso e dati a cui mi sono riferita nel post “Compratevi un libro!“. Pensavo al potere che hanno i libri di arricchire quel chilo e mezzo in cui sta racchiuso il nostro io, con tutte le fantasie del caso. Ci sono momenti in cui l’arretratezza del paese viene fuori prepotentemente e te ne accorgi anche dai titoli dei giornali, ma soprattutto dalle foto dei politici (più che da quelle che ritraggono gli imprenditori) … L’Italia è proprio divisa in due: quelli che leggono e che non sono necessariamente colti o snob, o migliori; sono solo persone con quel chilo e mezzo in movimento, bisognose di sapere o anche solo di informarsi. Poi c’è l’altra metà che non ha mai aperto un libro e che talvolta se ne vanta, che i libri li usa come sfondo, come pezzo d’arredamento. Mi ricordo quando presentavano le ricerche di mercato sui libri e veniva fuori che le enciclopedie erano acquistate come soprammobili, come oggetti che arredano la casa: ma eravamo negli anni settanta del secolo scorso!