Tita, civiltà di Montalcino

Magari vai al Consorzio del Brunello – per vedere da vicino l’effetto che fa – oppure in Comune, per uffici. Attraversi la piazza, sempre abbastanza trafficata, con passanti e qualche auto e un grappolo di turisti un po’ incerti: c’è il sole – una rarità, quest’anno – e vorresti trattenerti all’aperto, per sentire la tua pelle che si scalda, come capita all’inizio dell’estate. Lui è lì, con la bella faccia incoronata da un cappello chicchissimo, le bretelle impeccabili e la cravatta sapientemente annodataDSCN5687DSCN5688DSCN5700DSCN5689DSCN5693DSCN5699DSCN5708. Sono anni che lo vedo.

 

 

 

 

Con un ritmo pacato e continuo, pianta, zappetta, ripulisce, pota, sistema e aggiusta. Il roccolo di turisti si accomoda, un po’ sparpagliato, sulle panchine tra le aiuole trabordanti; dal bar di fronte esce un sottile aroma di caffè e va a mescolarsi con quello dei fiori di un arbusto che mi ricorda l’infanzia. Un bambino parlotta con Tita – l’uomo dei fiori -; la mamma gli sorride, io finalmente gli ho chiesto come si chiama e cerco di fotografarlo mentre si affretta a piantare delle tagete accanto a un ciuffo di campanule azzurro intenso: i colori di un “quartiere”, mi dice poi. Uno sguardo sorridente, senza compiacimenti, mi lascia intuire l’interesse per gli altri, lo spirito cordiale, la serenità d’animo. Chissà se Tita ha altre storie da raccontare; oltre a quella che racconta con il suo giardino che ci migliora l’umore e ci parla d’amore?