Mi capita di andare alla Coop; non spessissimo però, da quando sono entrata in silenziosa polemica con alcuni articoli – lenticchie, fagioli, ceci – che vengono ‘vestiti’ da prodotti italiani e invece sotto la foglia di stelline (marchio bio della UE) spesso c’è la scritta che precisa “Agricoltura non EU”, ma scritta piccola quasi microscopica, perché i fagioli &c spesso vantano naming ingannevoli. E questo da chi se la canta e se la suona, come la Coop, non me lo aspetto davvero…
Ci sono andata stamattina, però rinunciando eroicamente alle lenticchie (cercherò altrove) e mentre girellavo di fronte al bancone dei latticini, dove non ho trovato quello che cercavo, ma pazienza, ho visto una scena. Indugiando in mezzo alle insalate, indecisa se prendere le banane (potassio!), mi ha colpito una coppia abbronzata e ben messa, ma vestita più per apparire a se stessi che per convincere (davvero) gli altri. Lei aveva belle gambe che esibiva con un paio di shorts molto corti e una camicetta a pois un po’ dozzinale, ma si davano un tono, accompagnati da una figliolina sui dieci anni circa. Mentre meditavo sui pomodori mi cade l’occhio su una manovra della moglie che munita di guanto regolamentare mette in un sacchetto qualche pesca, pesa, stacca l’etichetta che esce dalla bilancia e l’appiccica in un angolino del mobile sottostante; poi riparte verso la cassetta delle pesche, ricolma il sacchetto e lo chiude e ci appiccica l’etichetta uscita dalla pesatura precedente e mette nel carrellino. Rifà la stessa operazione con una verdura, solo che io nel frattempo avevo scelto finalmente dei pomodori e nel pesare il mio sacchetto ho ritrovato, appiccicato al mobiletto sotto la bilancia, un’altra etichetta appena piazzata lì dalla donna (coadiuvata dal marito): prendo con aria distratta l’etichetta/scontrino, l’appallottolo e la butto nel contenitore dei rifiuti. Loro (marito e moglie) si guardano smarriti, ma io ho davvero l’aria di una babbea distratta e un po’ maniaca (del resto lo sono). Riprendono a pesare qualcos’altro, mentre io mi autoconvinco ad acquistare le pesche: stavolta mi precipito (ho improvvisamente fretta, pare) verso la bilancia, peso, prendo il mio scontrino, e l’incollo sul mio sacchetto, ma per prenderlo mi appoggio sullo scontrino (il terzo!) appena abbandonato dai coniugi che continuavano le loro performance e con il mio corpo lo faccio aderire completamente al mobile, schiacciandocelo sopra ben bene. Loro non si sono accorti e ritornano con il bottino (il sacchetto pesato prima semivuoto ora è colmo) e restano un po’ smarriti, questione di un attimo: si riprendono subito e ripesano. Mi avvio all’uscita e loro sono dietro di me. Caricano il loro BMW serie qualcosa, nuovo di zecca. Mi domando se sono finti ricchi o finti poveri e a che gli serve la bell’auto foderata di pelle similumana …
A dire il vero, mi sono posta la stessa domanda quando ieri sono incappata in un cicciottone coi piedi piatti, che scendeva dal suo mezzo (sempre auto tedesca) dopo averlo parcheggiato per andare al ristorante, nel paese dove abito, in un’area riservata ai residenti, ma in modo da occupare il posto di due auto; era preceduto da un tirapiedi a cui ho tentato mitemente (mento: l’avrei sbranato a morsi) di dire che un parcheggio più ‘social’ sarebbe stato più ‘carino’, ma quello al posto degli occhi aveva due portamonete ed è filato via. Il suo capo non mi ha sputato addosso ma ho capito benissimo che l’avrebbe fatto volentieri. L’ho salutato solo per costringerlo a ricambiare il mio saluto…