Una domenica, un giardino che parla di usi di mondo e di sapienza di famiglia; la campagna intorno illuminata a estate. Un appuntamento classico in un luogo che dove i ricordi si intrecciano al presente. Il primo pranzo in giardino della stagione è un classico in sordina, in cui qualche volto giovane si mescola agilmente con signore e signori che hanno un’allure da volpi argentate (volpi ‘sparate’ diceva un collega, re delle ricerche di mercato, per definire quelli che avevano superato la settantina, indenni o quasi, perché solo sfiorati dalle fucilate della vita).
Da quando sto in campagna – e che campagna!: un vero luogo da privilegiati – di pranzi in giardino ne ho frequentati molti, locali e nei dintorni, ma meno che in città… Se stai in città, in un luogo minerale come Milano (i cui giardini sono e rimangono segreti), pare che ti colga una fregola irresistibile di verde, quando le giornate appena cominciano ad allungarsi e il tempo si fa tiepido; e allora i terrazzi diventano giardini.
Da Francesca, nel giardino incantato di ortensie e rami che si intrecciano sulla nostra testa, siamo stati invitati per ascoltare Mario Ascheri che racconta (che peccato che non lo possano ascoltare i giovani di questa terra che troppo poco sanno e ancora meno sanno di non sapere …) la storia dei Chigi. Mi auguro che l’Ascheri sia così generoso (e lungimirante) da inaugurare una serie di quaderni (“I Quaderni di Mario Ascheri”), di bel formato, centoventi pagine e le illustrazioni solo in copertina o b/n al centro libro, per raccontarci – con la sua maestria – queste storie di una terra di cui lui sa dire senza retorica, e con un certo ritmo da romanzo (e che nessuno osi pensare che ‘romanzo’ sia una diminutio, perché non è così) che tiene alto l’interesse della platea, nonostante la narrazione avvenga dopo pranzo (e che pranzo!) e dopo il piovasco vaghissimo che ha inquietato la padrona di casa e animato i convitati …
Mi veniva in mente un pranzo alla Giudecca, in altro tempo e altro giardino, dove il sole splendeva, ma le inquietudini erano ben altre che una tovaglia inumidita dai capricci del tempo. E ascoltando il professor Ascheri che ci dava dentro con energia – perché è uno a cui raccontare piace e lo fa con una passione contagiosa – pensavo che se ce ne fossero tanti, come lui – diciamo un migliaio, sparsi per il paese – e se li si potesse incaricare di narrare la storia e le storie dell’Italia, nei giardini, nei chiostri, in certe piazzette, in qualche radura, … oh raccontaci ancora, Mario Ascheri …