Con un sussulto di inquietudine mi sono resa conto che, per la seconda volta capita al governo (questa volta è un ministro) un uomo che ho avuto come capo ai tempi dell’azienda. L’abbiamo commentato al telefono – non ci resta che commentare – con l’Ilaria (“quando l’ho saputo mi veniva da ridere e da piangere”!) e mentre ci si domandava il senso di questi giorni inquietanti, mi tornavano in mente i ricordi di giorni lontani, ma vividi. Perché anche quelli là erano giorni non proprio calmi: anche allora finiva una Repubblica, tra corrotti, suicidi, monetine lanciate, inchieste, magistrati, e una società che se ne andava in frantumi.
Il collega responsabile delle ricerche di mercato dell’azienda a cui era approdato Corrado Passera, come AD messo lì da una delle due parti che se la contendevano, affascinato dal cognome dell’uomo che ci stava abituando alla sua allure solo apparentemente dègagée (maniche di camicia a tutte l’ore, il corrispettivo di un Marchionne d’antan), un giorno mi affronta e mi dice, un po’ sornione, “passera…passera: ma se si chiama Passera e non Aquila, ci sarà pure una buona ragione”. I fatti odierni paiono invece dar ragione al neo ministro! Come dimenticare il Passera che tutte le mattine alle sette andava a messa in San Carlo, a Milano . . .come non ricordare, pensando alla metafora del collega di allora, che i passeracei sono uccelletti tutt’altro che indifesi …
“…si chiama Passera, non Aquila …”
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