La terza quercia

 

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Non ho idea del rumore – avrà fatto un tunff sordo e pesante – e nemmeno del perché sia successo. Però è la terza quercia che cade, ed è quella che cadendo ha fatto più scompiglio; e ha dato maggior dispiacere. Un dolore che all’inizio ho avvertito poco, sollevata dal rischio corso da Francesca che ha evitato per un soffio di pochi secondi di restare sotto al tronco (era proprio lì, nell’auto  facendo marcia indietro); sollevata dal fatto che il tetto non sia caduto in testa a Margherita – in casa ha visto una folata di polvere e calcinacci volare sotto il naso -, emozionata dallo spettacolo dell’immensa chioma riversa sulla casa, quasi in un saluto d’addio, dopo qualche secolo di ombra e cinguettii. Ma ora la vedo ammucchiata, come resti di una persona, come una compagna di vita stramazzata di colpo. E la mancanza comincia a farsi sentire; cambiano i rumori circostanti, è cambiata la luce e durerà il passare di tutte le stagioni il cambiamento.

Un anno fa, quasi preciso, arrivava il Morino giù per la strada dei frontisti e mi fa “uhm questa quercia la vedo male …”. Il Morino è caduto prima lui, della quercia, anche lui di colpo e repentinamente. Se l’aldilà degli alberi è il fuoco, ne avrà da raccontare questa bestiona, a chi siederà intorno a quel focolare. Sarà pura poesia, mentre a noi tocca affrontare il prosaico.