Mi sento un Leone

Ma non gli si scaricano mai le batterie?, ho chiesto alla Gianna, sapendo già che cosa avrei letto nel suo sguardo – devozione, complicità, affetto, ammirazione e stanchezza -: un miscuglio di sentimenti forti, con l’aggiunta di qualcosa che la maggior parte delle (rare) coppie unite e solidali non conosce; qualcosa che ha a che fare con il lavoro e non solo con la vita normale di una normale coppia di coniugi.

Un uomo speciale PFL, un ragazzo ultraottantenne, con un passato pieno e ricco che è come una pacciamatura per le sue idee. Quando vado a trovarlo (nel suo esilio dorato, come ama dire della sua casa) mi ritrovo in un tempo speciale. Mi vien voglia di fermarmi lì, autoesiliarmi, continuare ad ascoltare e a scambiare; perché il Leone era dentro a quel mondo fatto di uomini, idee, aziende, visioni, soldi, che ha visto e fatto crescere la modernità che abbiamo (in molti) conosciuta e che ora sta implodendo. Un tempo finito, ma non solo a causa di quei disastri dell’economia che sono figli della corruzione. Perché è anche stato consumato e sfinito da tutti quelli che in questi trenta ultimi anni hanno negato il valore delle idee e l’impegno quotidiano del lavoro, facendosi largo senza reali ispirazioni e senza nemmeno sapere che direzione prendere.

Quando invece si vive di idee sono queste che alimentano le batterie e se la Gianna gli solleva la coda di capelli alla Lagerfeld, non è per controllare che il cavetto sia attaccato. Mentre conversiamo, pian piano questo mondo così sbriciolato è sostituito da un altro; l’ironia abbonda, la speranza fa parte della visione del mio amico (“mi preparo anche al viaggio dei viaggi”) che ha avuto una vita piena e che si è divertito molto e molto ha amato: per questo ha idee e anche la forza di metterle in atto. E’ di un’altra idea – tutt’altro che banale – che mi vuole parlare e io lo metto in guardia: qui ti ascoltano, orecchiano senza capire molto, scopiazzano e affidano tutto a “un amico di tessera”, senza preoccuparsi di capacità, esperienza o proprietà intellettuale, perché le idee son poche e i bisogni non finiscono mai … Ma lui è un leone e va avanti.

Io torno a casa e guardo la luna quasi piena – ogni volta penso al Leopardi e a quanto ha usato la luna per cantarci la sua dolente canzone – e quasi sulla soglia di casa mia sento il richiamo di un cane; due passi in più e scopro un uomo che sta preparandosi a una notte all’addiaccio, sotto gli archi umidi della via medievale, con un grosso cane che ha abbaiato per avvertirmi. Ha l’aria di un pellegrino, forse lo è e mi domando se conosce l’Abbazia di Sant’Antimo. Scambio due parole di saluto, mentre penso se non ci sia un modo per ospitarlo al coperto – è quasi vecchio e il cane è come lui – ma rinuncio perché non so come comportarmi. L’indomani, sarà mia figlia (“hai visto quell’uomo che ha dormito qui fuori”) a ripropormi la questione, a farmi sentire in debito e spingermi a un gesto di tardivo riconoscimento, mentre mi scuso per non averlo fatto prima. L’uomo mi ringrazia (“Lei è la provvidenza divina”) con un tratto di dignità persino elegante. Non so perché ma ripenso a Leone e alla sua sorridente pervicacia, e poi alla luna, che non è un’utopia. DSCN8817