Dio dei cani

qui, verso casa

Ci pensavo stamani dopo aver dato la via al vecchio cane artritico che man mano che si muoveva acquistava un briciolo dell’agilità dei tempi andati. Cane da guardia puntuale e tutt’ora vigile; anche se non tutti capiscono. Quando sei vecchio è fin troppo facile che ti trattino da stupido, pronti a impadronirsi dei rimasugli della tua vita. E poi magari stupirsi scoprendo che non sono scontati, né facili da maneggiare.

Ci sarà un Dio dei cani – lo pensavo mentre camminavo intorno a casa, nell’erba e sulle pietre, attenta al cane che mi seguiva per fare i suoi bisogni – e se c’è, il Dio dei cani, che cosa immagina per gli ultimi tempi di un animale vecchio e incompreso, vecchio e ingombrante, che sa di esserlo e te lo dice con gli occhi, consapevole che non faremo più una lunga camminata insieme – né balzerà ad aggredire l’estraneo, affrontandolo al tuo posto, anche se ci si proverà -.

“Fa la guardia”, “pappa”, “giretto”, “cacca”, “è bello il cane”, “vieni con me”, “andiamo”, e poche altre frasi e parole che conducono il filo di un dialogo con un vecchio cane che ha gli stessi vizi di noi uomini quando diventiamo vecchi, ma più di noi subisce le opinioni e gli sguardi di chi non sa e non capisce quanto vale la presenza di una creatura fedele anche se ha tutti i difetti delle vecchie creature – primo tra gli altri quello di ricordarci che anche noi passeremo sotto gli stessi sguardi, tra gli spini di giudizi impietosi, di occhi che non vedono l’ora di non vederti più -.

Ci sarà un Dio dei cani, e se c’è (ci deve essere!), che cosa penserà di questa passeggiata nel mattino finalmente fresco, nell’ombra e tra i cespugli, e di me che lo incito a muoversi, con voce allegra di un’allegria che sa di futuro breve ma testardo, perché “è bello il cane”, come gli dico, ma ha bisogno che tu glielo dica, altrimenti che senso ha essere un cane?

Così rivaluto le volte che, di mattina presto – sapendolo solo e attribuendogli capacità di sentire nostalgia o solitudine – negli anni ho condiviso un giretto con lui; lo rivedo mentre si volta indietro per avere approvazione o mentre sgroppa rincorrendo una farfalla nell’erba.

E proprio questa immagine a farmi tornare in mente Bastet – gatto-dio, dio dei gatti – evocato da Pablo Armando Fernandez Peres in una poesia – “De gatos se trata” – che canta l’innocente gioia di vivere di un animale. La stessa che ritrovo, quasi un’imitazione di quello che era, nei goffi salti e scodinzoli della quasi felicità di stamattina. Ci sarà un Dio dei cani.