Faccio mio l’occhiello all’articolo di un giovane e bravo giornalista – anche se non sempre condivido le sue opinioni – uno con l’occhio lungo sul futuro del nostro paese: “Compratevi un libro!!!”, con tre punti esclamativi. Un’esortazione che nel nostro paese malato di corruzione e afflitto da leadership dei soldi e dell’apparenza rischia di cadere nel vuoto. Allora aggiungo: “Compratevi un libro, che fa fino!”, ma forse troppi di quelli che mi passano accanto ogni giorno non restano colpiti neanche da questo appello. Perciò rivedo l’appello – questa volta sono certa di centrare l’obiettivo -: “Compratevi un libro, farete i soldi!”. Sono certa che sia l’argomento vincente, ma per completare l’appello dovrei aggiungere “…e il vostro vicino morirà d’invidia”. E così il cerchio si chiuderebbe.
Il giornalista che stimo è Stefano Feltri che riprende, sulle colonne de “il Fatto”, un discorso di Visco, Governatore della Banca d’Italia, tenuto a Bari l’altro ieri. Visco sottolineava alla platea i dati che marcano la nostra crisi profonda. Perché essa ha robuste radici che affondano nell’arretratezza di questo povero paese di ignoranti. Non faccio che riportare i dati sconfortanti segnalati da OCSE: oltre metà della popolazione italiana nello scorso anno non ha letto un libro; la spesa delle famiglie in attività culturali (libri, cinema, teatro, musica e sport), si è contratta (è crollata) del 21%; il 70 per cento degli italiani adulti non è in grado di leggere un testo lungo e di coglierne i contenuti importanti e significativi.
Ma se non sei capace di capire che cosa scrivono in Europa e nel mondo – dico io – come farai a difenderti, a difendere le tue idee (ammesso che tu ne abbia)?; sì, perché le idee, le soluzioni che bisogna trovare nei momenti difficili ai problemi sempre più ostici e complessi che ci si trova ad affrontare, non si trovano direttamente nei libri (a volte, sì!); ma la lettura è il mezzo per reperirli, per immaginarli e senza immaginazione il mondo sparisce (pensate a Apple, nata da uno che sapeva immaginare). Libri, cultura e istruzione – sottolineava (infatti) ancora Visco – non migliorano solo la nostra vita interiore, ma sono la premessa indispensabile per far crescere il livello qualitativo del paese – cioè prima di tutto le persone – perché queste sono il “capitale umano” e senza capitale umano non c’è neanche possibilità di crescita economica. E si potrebbe anche aggiungere: è (stato) facile crescere, partendo da livelli minimi, negli anni scarni del dopoguerra e nei due decenni successivi, ma quando gli aspetti qualitativi devono diventare dominanti, quando si “entra nel fino”, come si fa a pensare che vi siano possibilità di sviluppare qualità vera – non a parole – se a capo di tante istituzioni vi sono persone grette, legate solo al soldo (personale) purchessia? Gente che non ha mai letto un libro!
E questo è (solo) l’aspetto più plateale, più visibile. C’è un’altra ricaduta insidiosa che ci viene dal basso livello culturale del paese ed è un fattore che deforma il lavoro e i rapporti tra persone. Chi non legge, “non legge” nemmeno gli altri, è portato a fraintendere e a vedere solo il proprio guadagno immediato. Da questa intensa miseria morale – da cui è complicato uscire – nasce l’invidia – un sentimento che niente ha a che fare con la competitività – un sentimento, spesso goffamente travestito, che impedisce di fare squadra (non a parole!), che impedisce di capire che la fortuna del vicino è contagiosa, se non altro perché “sparge fatturato”, che impedisce di usufruire dell’altrui intelligenza, che impedisce persino a interi paesi in cui la gente dovrebbe lavorare insieme per interesse comune – di vedere quanto potrebbero allargarsi i propri limiti.
Ignazio Visco ha sostenuto che libri, giornali, cultura sono la premessa per far crescere il PIL e ha esortato a leggere e istruirsi. Anch’io – nel mio privatissimo di cittadina – ne sono convinta; aggiungo che in questa prospettiva vivrei meglio io, ma ne godrebbero molto di più quelli che ora non leggono: salirebbe il loro tenore di vita, il loro vero tenore di vita, un benessere che essi non conoscono (e che non conosceranno mai, se non leggeranno)
Ma come farlo capire a chi non ha capito finora che quella è la strada giusta? E soprattutto come farlo leggere a chi non capisce il vero significato delle parole scritte?