Segno dei tempi, segnali di papà

alex_5Caro Papà, oggi internet è sparita, il telefono mi si è sprogrammato e nonostante i miei sforzi di mimare pazienza e un sobrio ottimismo non riuscivo a sorpassare neanche un’ape, sulla strada che mi portava a Siena.

Poi stasera, poco fa, internet è tornata e la mia giornata quasi piena volge al termine. Dentro a internet stasera ho ritrovato un amico di cui non avevo notizie da più di trent’anni o giù di lì, insomma dai tempi in cui c’eri anche tu e i miei figli erano i miei bambini. I nostri bambini.

So che non avresti mai immaginato di avere tre nipoti, da un’unica figlia e per giunta non di indole mammissima. Ma tu sei stato un nonno che preparava la fetta d’arancio con un po’ di zucchero e le gocce di limone, arrotando tutte le erre e badando che avessero le mani pulite e loro se lo ricordano, credo. (Ora anch’io ho tre piccole nipoti.).

Ti ho pensato stasera guidando nel buio scintillante di luci. Quel ventitré novembre di trentuno anni fa ero molto più stanca di oggi. C’era una farmacia, in via Marocco e il dottor Bozzetti mi aveva chiesto di andarci e prendere una bombola d’ossigeno. Non è servita. Quando sono tornata tu stavi salendo sul treno dei misteri, con occhi turchesi spalancati.

Per qualche anno sei stato molto assente, poi – nei giorni appositi – hai cominciato a produrre segnali, fino a quel blocco di marmo che mi ha sfondato il parabrezza, appena sono scesa dall’auto, nel giorno del tuo compleanno. Quella volta ho riso: di sollievo. Ma ero veramente contenta anche se mi pareva un ‘segnale’ un po’ esagerato.

Invece stasera sto ritrovando Gianni Ruggiero, amico dai tempi di Brera, di cui non avevo più notizie da quando ci si incontrava al festival di Cannes. Lui veniva da Barcellona e io da Milano e ci raccontavamo le nostre storie, soprattutto di lavoro. Mesi fa ho letto un servizio su di lui, sul Corriere, però non sono riuscita a rintracciare il suo indirizzo. Ma ecco che un tale con una faccia simpatica, conosciuto in rete, si rivela essere suo nipote. Perché – pezzo di balcone a parte – mi hai sempre mandato qualcosa di speciale, di amichevole e affettuoso, nei tuoi anniversari. Adeguando i segni ai tempi. E ai luoghi, perché quando è venuto giù quel pezzo di marmo dal balcone, in fondo, ero a Cava dei Tirreni …

 

Una flor para la Carmen

Troppe volte mi ritrovo a leggere con rammarico e un po’ incredula la notizia della scomparsa di qualcuno che ho conosciuto in anni intensi, in casa editrice; del resto una grande casa editrice è un vero e proprio palcoscenico in cui entrano – qualche volta irrompono – i personaggi più diversi. L’altro ieri, quando ho appreso della morte di Carmen Balcells è stato un po’ come se fosse morto un’altra volta Gabriel Garcia Marquez.

Negli uffici dell’agenzia letteraria della Carmen, allo storico indirizzo di Diagonal, avevo incontrato per la prima volta il grande Gabo, che aveva chiesto di vedermi per discutere dal vivo le copertine dei suoi libri (che voleva uguali, in tutto il mondo e in tutte le lingue in cui erano tradotti, a quella che il mio editore gli aveva proposto). Un incontro che aveva eccitato tutta la casa editrice, perché l’autore era stato conquistato, ma nessuno – nemmeno l’editore in persona – l’aveva conosciuto personalmente.

Lui indossava abiti vagamente contadineschi, di un marrone intenso e caldo, come gli occhi, i baffoni, i capelli … tutto, proprio come l’avevo fatto disegnare da un amico, per una bellissima affichette realizzata in occasione del Nobel che gli era stato conferito; era, insomma, esattamente come appariva nella mia immaginazione, o come alcuni dei suoi personaggi.

Ma la Carmen – grandi gonne, toni spenti, capelli raccolti, aria paciosa che non traeva in inganno – era un concentrato di energia, di intelligenza costruttiva, di dinamismo tutt’altro che scontato. Una persona da ascoltare e da guardare fino in fondo, per scoprirne sfumature e filigrana. Una donna che non dava niente per scontato e che dominava i suoi amatissimi autori. Di salute instabile e sguardo attento, mi avrebbe aiutata enormemente, negli anni successivi a fare le scelte giuste per Marquez che si fidava e affidava alla sua intelligenza.

L’ultima volta che l’avevo incontrata, nel suo ufficio sulla Diagonal, ero andata a Barcellona per presentarle la donna che si sarebbe occupata dei suoi autori e ci eravamo salutate con la promessa di una sua visita a Siena, per vedere i paesaggi di questa campagna, “se la salute me lo permetterà”. Una volta di più per imparare che certe promesse vanno coltivate alacremente, se si spera davvero che siano esaudite.

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