Un Sudario con le Tasche

Non ho televisione e ascolto molto la radio; mai come ‘sottofondo’, mi innervosisce e mi irrita. Ascolto – sì,con attenzione – le notizie; ma viene subito da prenderne le distanze. Sono, o sembrano, sempre uguali: c’è sempre qualcosa di cogente e di urgente, che però (a causa del disaccordo tra destra e sinistra) non si riesce a fare; manca la ‘copertura’, cioè i soldi. In realtà – dopo un po’ – si capisce che ciò che manca è indicibile e si cade nello sconforto.

Ricordo le prime manifestazioni dei ‘no-global’ che gridavano contro le ingiustizie della globalizzazione. Ora, le dichiarazioni degli economisti che sento parlare alla radio, assomigliano molto a quelle prime grida dei no-global, che manifestavano contro le diseguaglianze (che, essi prevedevano, si sarebbero aggravate) e paventavano gli effetti della finanza globale (che puntualmente stanno facendo colare a picco la civiltà europea).

Mi tornavano in mente questi pensieri, ascoltando, questa mattina alla solita radio, la notizia del ritrovamento – a Dhaka, nell’ambito delle indagini conseguenti al terribile crollo che ha coinvolto una factory di fasonisti – di un ordine di lavoro proveniente da una nota azienda italiana.

I fasonisti sono coloro che serializzano un modello (si parla di abbigliamento), consentendo al produttore di immetterlo sul mercato con margini di guadagno altrimenti impensabili: perché esso viene realizzato seguendo un programma che “ottimizza” all’inverosimile i tempi di lavoro. Se poi la paga dei lavoratori è pure molto bassa, i margini per l’impresa si moltiplicano in modo esponenziale.

L’azienda italiana, che è stata citata nella notizia odierna (e di cui non ripeto qui il nome) ha un’immagine ben lontana da questa notizia, e sono rimasta molto turbata pensando che gli inizi di quel marchio sono legati a un’idea geniale e ad autentica passione per il proprio lavoro.

Mi è venuto in mente che questo è proprio il capolinea di una cultura d’impresa all’italiana, costellata di “geniacci” che hanno fatto tanto per questo paese ma che ora, anziché al futuro pensano ai futures e mi son chiesta se per il proprio abbigliamento “definitivo” questi qui non abbiano in mente un sudario munito di tasche. (Il Papa, recentemente, ha citato un detto – ‘il sudario non ha le tasche’ – che ho sentito, qui in Toscana, ai funerali di uno in odore di usura.).

Questa globalizzazione “a metà”, che non tiene in conto i diritti dei lavoratori dei paesi del recente terzo mondo, sta deprimendo l’Europa. E quanto l’Europa (concetto che pure amo) sia bolsa si capisce dall’indifferenza di noi europei verso i diritti umanissimi di quei lavoratori che assomigliano paurosamente a degli schiavi.

Eppure ci converrebbe che anche in Bangladesh i lavoratori fossero pagati equamente: forse il lavoro resterebbe in Italia. Ma forse stiamo vivendo in una stagione dove anche questo slancio si spegne, prima ancora di prendere parole e sostanza; forse è proprio una stagione diversa da tutto ciò che è stato, prima.