Lontano da Cipro

Tra un terremoto, una burrasca di vento, un’idea di primavera a cui non pensa più nessuno, faccio una passeggiata con l’abitante più colto del villaggio che mi racconta. Intorno a noi, mentre camminiamo, trascorrono le immagini di ciò che pochi sono (stati) abituati a osservare.

Vi ricordate cos’era la vacanza, nel nostro immaginario, qualche anno fa? Quali erano i ricordi che portavamo a casa? Ho fatto parte del manipolo che ha ri-scoperto la campagna, intesa come luogo di villeggiatura. Un luogo faticoso, ma almeno poco affollato; e poi, per lunghi anni – intere stagioni – ho potuto registrare i gesti, le erbe, gli alberi, le case, gli usi e l’orizzonte di luoghi che sono in grado di ammaliare.

Mentre il compagno di questa passeggiata mi racconta della moglie di un proprietario che ha la passione per Grillo “ma non per quello di suo marito, ché tanto lui glielo fa vedere ben poco…”, penso che bisognerebbe mettere un recinto intorno a questa parte d’Europa (io, già europeista sfegatata) e far pagare un biglietto d’ingresso. “vuoi vedere il Partenone? O il Colosseo? O la Porta dei Leoni? O il Prado? O Santa Maria Novella? O Cnosso? O l’Alahmbra? O Portofino?, O…?”. Paghi un biglietto d’ingresso, un visto. Ma anche per trascorrere giorni tra i profumi delle erbe di questa macchia mediterranea che poi ritrovi nel vino (e nell’olio, nel miele e nelle verdure che mangi a cena…).

Mentre mi si appiccicano in testa frotte di pensieri inquieti, mi domando perché questi paesi, questo Mediterraneo pieno di odori, cibo, sole e suoni, subiscano i dikat di un nord invidioso e affamato. “Mettessimo un recinto e facessimo pagare un biglietto d’ingresso”: sarà poi un pensiero così indecente?incontri 1fonte lontanofonticucina casalingaincontri 3marrucascendere salireorti previdentiramerinomicromondomanco fosse estate