Mi mangio un libro

“Mi mangio ‘sto libro” sembra comunicarmi, con squittii, mugolii, versi un po’ canterellanti, la piccola nipote a cui faccio un po’ da balia asciutta, per un paio d’ore. Per evitare che si annoi, appena sveglia, e che piagnucoli facendo sapere a tutti che sono una che i piccini li ama ma non li sa intrattenere comme il faut, estraggo un libro dallo scaffale nella camera in cui dormiva e le mostro la copertina di un bel rosa carico – narrativa di serie ‘A’ -, la collana è degli Oscar Mondadori e ricordo quando la lanciammo.
Le apro il libro sotto il naso (nasino), piego il volume chiuso tra il dito medio e il pollice e lascio che le pagine scorrano come in una sfogliatura accelerata: le piace e io rieseguo. Ma la terza volta che ci provo è di troppo, si tuffa a capo in giù tra le pagine e lecca la costola del volume, poi tenta di morderlo, ma è bello spesso, è un romanzone dall’avviamento lento … poi ci si appassiona.
Mentre lei fruga freneticamente tra le pagine, tentando di assaggiarle, mi viene in mente mia madre che quando compii cinque anni mi regalò un libro bellissimo che tutt’ora rileggo a pezzetti, ogni tanto; e ogni volta ci ritrovo qualcosa di sorprendente. L’altra nipotina, che sta lontano da qui e la vedo più raramente, quando sta qualche ora con me, mi mette un suo libro in mano, lo apre, mette un dito su una parola e lo fa scorrere, poi chiede a modo suo, con un grammelot infantile, di leggere la parola indicata, quindi si procede per tutta la storia, con quel piccolo dito impertinente che saltella da una parola all’altra, chiedendo di sapere di conoscere il significato di quei segni, che mano a mano e un giorno dopo l’altro acquistano significato (e forse qualcuno di loro avrà un senso particolare, magari associato a un momento, a un suono o a una luce particolare). Per crescere, niente è meglio che mangiarsi un bel libro e magari berci sopra un po’ di musica!