Il bimbo dorme; la sua fisionomia ha qualcosa di familiare, con una lieve nota esotica. Sono giorni – forse settimane – che mi capita di seguire le immagini che lo ritraggono. Non l’ho mai incontrato, ma mi accorgo che quasi ogni giorno leggo le sue notizie, quelle dei suoi progressi, dai primi, primissimi, passi, ormai parecchi mesi fa. La testa appoggiata sul cuscino – il piccino è immerso in un sonno profondo e sereno – mostra il profilo, un naso che diventerà interessante e la piccola bocca socchiusa. Mi colpisce la forma dell’orecchio, che in questa posizione si legge bene anche nelle sue proporzioni rispetto alla testa. Mando un commento sul disegno dell’orecchio e l’impressione che mi suscita. Dà un’impressione di vitalità inconsueta, di bella energia; mi viene in mente mia nonna (o forse era mia madre) che mi diceva che la forma dell’orecchio racconta molto di noi. Niente di esoterico, piuttosto si tratta della saggezza di chi è vissuto a lungo e ha visto molti volti imparando a osservarli e a metterli in relazione con comportamenti e malattie. Mia nonna aveva anche curato e guarito, nel modo dei semplici, parenti, amici e conoscenti, e poi anche estranei, perché aveva un buon istinto: c’era la terribile ‘spagnola’ e tutt’intorno morivano tutti. Le cure della nonna le ho ritrovate nei ricordi di Fosco Maraini – in una sua bella e intensa autobiografia, scritta nei suoi ultimi anni -, identiche a come me le narrava la nonna, attribuendole a una vecchia maremmana da lui conosciuta in gioventù. Centinaia di chilometri dai luoghi della mia famiglia, ma negli stessi anni.
Dal bimbo, invece, mi separano migliaia di chilometri, ma a lui mi legano fili diversi: conoscevo bene sua nonna, tanto da poterla chiamare amica, anche se ci si vedeva poco. Suo padre ha lavorato dove ha lavorato anche mio figlio ed entrambi hanno lasciato per ragioni analoghe. Il bimbo porta il nome di un mitico cacciatore. La preda era quel vello d’oro che aveva il potere di curare le ferite. Da quelle mie forse sto guarendo, e potrei ridisegnare a memoria l’orecchio del giovane cacciatore lontano.