Incassare stanca

“Modifica contrattuale. La informiamo che per le mutate condizioni di mercato, nelle fatture emesse a partire dal 01/10/17, sarà introdotto un contributo pari a 0,60 euro (iva esclusa) per i costi di incasso sostenuti da Wind Tre. Può recedere o passare ad altro operatore senza penali …”, eccetera.

Credo che questa comunicazione di Wind a un’amica che aveva un contratto business spieghi molto bene i tempi strani che stiamo attraversando. Però, prima di mettersi a imitare Wind Tre proverei a riflettere sul significato di questa clausola contrattuale introdotta da cotanta azienda.

La stagione è stata molto faticosa – la siccità, gli incendi, l’idea del clima che cambia -, ha messo a dura prova i nostri nervi, anche senza sollecitare la memoria evocando le prodezze dei politici, perché l’arsura di per sé stanca..

Abbiamo avuto – ed è in corso – una stagione turistica molto ricca e faticosa (per chi lavora: vedi imprenditori che stanno al pezzo e loro collaboratori e dipendenti), ma abbiamo dovuto sopportare le intemperanze borderline al delinquenziale di turisti che hanno preso l’Italia per un vespasiano (nel senso delle pipì), tanto da riuscire a far puzzare come orinatoi alcuni degli angoli più suggestivi e cantati del paese, come il cuore di Firenze, Roma e Venezia. Per tacere dell’arroganza di chi ti parcheggia sui gradini di casa perché camminare stanca.

Abbiamo in corso un drammatico continuum di migranti che non siamo riusciti a capire – anche per via di tremori, cautele, ipocrisie, nascondimenti, appelli alla solidarietà, insofferenze (citati in una mescola molto libera) – che cosa significhino, non solo che cosa sta succedendo loro ma anche che cosa (o che cose) dovremmo fare e chiedere che si facciano (ammesso che esista qualcuno che abbia interesse o inclinazione a farle); perciò ci chiediamo continuamente come andrà a finire questa storia. Perché avere paura stanca.

C’è un ministro, anzi una ministra (ma non solo in Italia) che ha deciso di spaventare a morte (alla lettera) i cittadini, in particolare quelli che sono genitori o nonni di piccini, imponendo un’inedita tornata vaccinale che pare più che altro un segnale di una mentalità e il prodromo di un nuovo rapporto con i cittadini, che finora cercavano con mediamente buon giudizio di espletare questo atto medico nei tempi più opportuni per i loro piccini. Si è così innescato un meccanismo di resistenza spesso spaventata che sfianca le famiglie, ma che potrebbe generare dell’altro. Perché anche essere genitori in certe situazioni stanca.

C’è in corso una guerra alle donne da parte di alcuni individui che sembrano inferociti nei loro (nostri) confronti. Perciò le donne vengono strangolate, bruciate, accoltellate, sparate, ustionate, bastonate a morte, squartate, ma soprattutto vengono violentate, stuprate, sodomizzate, con tutte le possibili terribili varianti anche inimmaginabili. Chi lo fa di solito poi si pente, o non c’era o se c’era era sconvolto e non aveva ben capito che cosa stesse facendo. Per questo i mostri di cui cito “le gesta”, vengono protetti, compatiti, scusati, attenuati, e spesso sono a casa dalla mamma (mamma coraggiosa, indeed!), accuditi e coccolati. Però l’assenza di limpidezza nel riportare i fattacci, per paura che l’opinione pubblica si faccia delle opinioni “sbagliate”, stanca e stufa e forse fa anche di peggio.

E’ proprio in questo contesto, tutt’altro che sereno e promettente, che viene a cadere il messaggio giunto all’amica che cito all’inizio di questa cronachina. Per questo mi domando: ma allora, anche incassare stanca? Di certo deve essere un disturbo, ma come mai?

Segnali, segni, segnalazioni

DSCN0675Mentre in giro imperversano le sagre, di tutto il cibo immaginabile, nella campagna si moltiplicano i segnali di fine stagione. Non so perché la fine dell’estate colga tutti così immalinconiti, come se solo con il caldo ci si potesse permettere un po’ di spensieratezza. Forse sarà a causa dei costi crescenti del riscaldamento, che raffreddano gli entusiasmi per l’imminente autunno. Qui a Sant’Angelo in Colle paghiamo il gas 4 euro al metro cubo, cioè – se non ho letto male su internet – circa quattro volte il suo prezzo di mercato.

Ecco che i piccoli borghi, le frazioncine di cui sono disseminate le campagne, si svuotano. Oppure qualcuno potrebbe suggerirmi un’altra lettura: i costi lievitano perché c’è meno gente e i costi di gestione vengono suddivisi fra meno utenti … sì, ma non si dovrebbe incentivare la gente a rimanere nelle zone rurali che – come recita la dichiarazione di Cork “per la priorità dell’ambiente rurale in Europa”- sono un’alternativa fondamentale allo stile di vita metropolitano, per i giovani europei?

Non solo riscaldarsi costa quattro volte quello che si spende in città. Per avere il privilegio di vedere le rondini radunarsi, a cominciare da metà agosto, giorno dopo giorno e accingersi a partire verso sud, qui rinunciamo ad avere un cellulare che funzioni ‘normalmente’, facciamo a meno di internet abbastanza spesso (soprattutto se il vento è forte o se piove in modo sconsiderato); il fulmine (evento frequente) brucia tutte le schede elettroniche che trova in paese, nonché qualche modem e ovviamente l’illuminazione stradale.

E’ vero che la campagna è un bene di lusso – e lo diventerà sempre di più – ma per viverci bisogna allenarsi con i frati trappisti. Lo penso, mentre osservo le prime avvisaglie della prossima transumanza delle rondini: i rondoni sono partiti a luglio, ma di loro non sento la mancanza, mentre le rondini lasceranno dietro di loro un vuoto. Perché vivono quasi dentro casa (lo farebbero se glielo si permettesse: più di una volta sono state sorprese a costruirsi un nido in una stanza a loro gradita), perché osservano l’andamento casalingo e si regolano su di esso, perché chiacchierano con noi, a modo loro. Le rondini stanno per andarsene, i turisti no!

E non è che sia un male: si vive di turismo. Ma quest’anno tra il luogo e i turisti si è spezzato qualcosa. Sempre più spesso arrivano, si cambiano le scarpe (a volte anche il vestito, in macchina) scendono dall’auto parcheggiata il più vicino possibile alla loro sedia al ristorante, fotografano il tramonto, anche quando non c’è, mangiano e se ne vanno. Il fatto è che spesso hanno auto più grandi della piazzetta del paese e ignorano completamente il parcheggio che sta a poco meno di cinquanta metri dalla piccola piazza. perciò all’ora di pranzo e a quella di cena, il villaggio è completamente sfigurato dalle auto, parcheggiate alla rinfusa.

Quando mi accorgo, dai loro segnali, che le rondini stanno per partire, mi viene sempre in mente la storia de Il Principe Felice, ma le rondini di oggi, per loro fortuna, non sono così generose; inoltre io non conosco nessun Principe Felice altrettanto preoccupato per i poverelli. Anche questo probabilmente è un segno dei tempi.

Così svanisce questa estate

DSCN0608Faccio i conti con la voglia  di disegnare sfidando la luce mobile che cambia il paesaggio, minuto dopo minuto. Seduta sul muro che circonda il piccolo paese e accoglie chi arriva cercando visioni esclusive, sono costretta a vedere quello che l’Europa degli europei riesce a combinare, cercando parcheggio in un minuscolo villaggio, fiduciosa nell’impunità garantita dalla distanza linguistica (nel caso, siamo tedeschi), … e intanto apre il cofano e si cambia le scarpe (curioso: ho visto tantissimi automobilisti cambiarsi d’abito al parcheggio) per andare al ristorante. Turisti di un’era diversa di cui ci stiamo appena accorgendo; un’era invadente, che ci toglie tutto in cambio di pochi soldi spesi; a meno che qualche amministratore illuminato capisca qual è l’altra invasione da affrontare, anche se è scorretto parlarne in questi termini.

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L’estate ha già un odore diverso e la luce parla già di vendemmia: i giochi sono fatti, lo leggo in mille piccoli segnali che trapelano da tutto quello che succede nella giornata. Ancora una volta mi soccorre il contatto con la terra e con le sue pulsazioni. Stasera torno a raccogliere le more, un’altra metafora che diventerà un aperitivo succoso; chiacchierando davanti a due bicchieri di bianco e una ciotola di more appena raccolte si può immaginare di fare qualcosa per migliorare un pezzo di mondo. Se non succederà rimarrà l’idea di averci provato, il ricordo della camminata nel tardo pomeriggio, con l’aria tiepida e un po’ umida tra gli sguardi sperduti di quelli che tornano in città e la dolcezza dei piccoli frutti che ho raccolto..

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E’ Primavera?

L’Italia è un paese sempre più strano; anche la primavera è stranita. Intere colline sono diventate giallorosse  – non in quanto tifose della Roma – e qualcuno magari si irriterà anche perché lo scrivo. Perché l’Italia è così strana che se scrivi che è stato fatto qualcosa di sbagliato fai del male all’economia, perciò chi sbaglia deve essere tutelato e di sbagli non si deve parlare perché si diventa disfattisti …

Mi viene in mente il sindaco di Cortina che si è irritato in quanto le Fiamme Gialle hanno pizzicato un po’ di evasori e ha dichiarato: ecco adesso quelli lì andranno a fare shopping altrove. Quasi che, pur di far arrivare turisti nel suo comune auspicasse totale tolleranza per chi evade il fisco. Anche se penso che quella specifica mossa fosse più che altro propagandistica e demagogica, ho trovato la dichiarazione di costui alquanto rivelatrice dello sbandamento di certi supposti public servant

Ho fotografato intere colline rosso fuoco (quelli lì sono i più cretini: non hanno nemmeno letto le istruzioni), filari di vigneti che paiono sottolineati con la tempera vermiglione, bordi di strade sventatamente arrossiti, prati a macchie di leopardo …

Pubblico solo una di quelle foto in cui non si riconoscano né aziende né luoghi geografici. Ma la mia domanda resta – anno dopo anno – sempre la stessa. Lasciando perdere ogni considerazione relativa alla salute (anche di chi usa questi prodotti), ma non ci si rende conto di quanto si ammazza il paesaggio, diserbando intere colline e facendole diventare color autunno, durante la primavera? Conosco già le risposte – sono davvero disperanti – e trattano (anche) il turista da idiota. 

Sarebbe un discorso ben lungo da fare; io mi limito a chiedere “dipingereste la primavera con i colori dell’autunno?”.DSCN9316

Problemi Centrali

disegnando val d'Orcia

La storia si ripete, sempre allo stesso modo. Stai un bel posto; un luogo rimasto com’era perché eravamo troppo poveri per pensare a qualcosa che non fosse la pura sopravvivenza. Quelli intorno – vicini e lontani – più ricchi di noi venivano a vedere il paesaggio che allora non si chiamava nemmeno così, perché era un concetto sconosciuto; in realtà ci venivano perché gli sembrava di scorgere, nella nostra vita semplice, povera e così diversa dalla loro, un’idea di vita diversa, che nemmeno loro capivano bene che cosa volesse dire; però venire qui li faceva stare bene, attutiva quel senso del lunedì in cui riprendevano a lavorare e gli sembrava di essere in guerra (e guerra era, ma loro non se ne accorgevano fino in fondo: era più che altro una sensazione). In realtà, quello che gli dava un senso di benessere e di speranza, era il paesaggio, la natura, la terra – la nostra madre, di cui ci si dimentica, per una ragione o per l’altra: avidità o ignoranza, o entrambe -, era quel senso di stare in un grembo ancestrale che ti protegge dall’ignoto, dal sangue delle battaglie che si combattono nel mondo, dal rischio di disperdere il proprio sé nel cosmo buio e orrorifico. Anche tu, che ci stai, in questo posto, ti senti bene nel tuo (lasciamelo chiamare così) paesaggio. Ci stavi così naturalmente bene, che non te ne sei mai accorto. Nel tempo, i rari visitatori, di passaggio, di contemplazione, di commercio come i venditori itineranti, si sono infoltiti. All’inizio non trovavano nemmeno da dormire, era quasi un’avventura, ma un’avventura i cui rischi erano limitati alla possibilità di assaggiare le cose semplici che si cucinavano in casa o di dormire in una camera senza bagno: di respirare un’aria così diversa che sembrava di stare in un altro tempo. Le voci corrono, si sa, di bocca in bocca e con gli anni è venuta sempre più gente e da sempre più lontano. Gente con molti soldi, altri con molte idee, altri solo con la voglia di provare una vita più semplice e più ricca di emozioni, anche se meno ricca di soldi. Anche a te sono cambiate un po’ le cose in testa: se tutta ‘sta gente viene qui ci sarà pure una ragione, hai cominciato a pensare. E hai anche cominciato a guardare con altri occhi questo tuo nido natìo, che hai sempre visto e a cui eri così abituato … La storia però non la fa uno solo, si fa insieme e la guidano magari altri che si basano sui numeri crescenti di persone che si spostano o che spostano interessi e denari, e fanno i loro conti. Quello che avevi cominciato a riconoscere come paesaggio – e avevi appena iniziato ad affezionartici – muta profondamente. Tu che sei andato a scuola potresti osservare a questo punto che i paesaggi sono sempre cambiati – lo sapeva bene Renato Biasutti, che li ha classificati, quasi un secolo fa -; il cambiamento è nella natura delle cose. Tutto cambia e noi che al cambiamento ci siamo dentro, anche noi cambiamo. Sì è vero, però dipende come, quanto, e perché (e a che prezzo). C’è sempre un prezzo da pagare e questo tu lo sai, anche se ovviamente non ci pensi continuamente. Quello che ti preme è essere un po’ più come quelli che tu guardavi con rispetto e un po’ di timore e non essere sempre guardato da loro come una via di mezzo tra uno fortunato (perché sta qui, e un poveraccio). Poveraccio non perché non hai soldi abbastanza (ce n’hai anche per toglierti qualche sfizio che un tempo manco ti immaginavi), ma perché ti sembra che quelli che arrivano da fuori la sappiano sempre più lunga di te. Infatti è proprio così. Il figlio del tuo vicino è entrato in politica, per quello, e lui con quelli ci sa fare. Contratti, impegni, finanziamenti, crescita, sviluppo, affari; e poi crescita sostenibile, prodotti a chilometro zero, etica dello sviluppo, globale, locale, glocale. Le parole sono tante e affascinanti. Prendi territorio, per esempio …  se si contassero (e lo fanno) le volte che viene scritta e pronunciata questa parola, ti stupiresti della sua frequenza nei discorsi della politica. E’ solo perché hanno scoperto che si può vendere e ci si possono fare affari. E non c’è niente di male a fare affari, finché non si arriva ai “derivati”, quella parola che abbiamo incominciato a conoscere quando abbiamo cominciato a capire che la festa era finita. E’ anche la parola che ci  può aiutare a capire perché paghiamo tutto così più caro di quanto, in realtà, potrebbe (dovrebbe) costare, a cominciare dal petrolio. Per farla breve un po’ sommariamente, è la finanza, anzi sono i costi che ci vengono imposti dalla finanza. Be’ la finanza si scanni pure, ma tu te ne stai nel tuo nido protettivo, guardi dalla finestra e vedi quel bel paesaggio (sì un po’ cambiato da quando eri piccolo, ma sempre molto rassicurante, nella sua familiarità armoniosa, con le colline e ancora molti boschi e la strada che segue il terreno con grazia) e poi esci e ci vai a camminare dentro, coltivi il tuo uliveto e la tua vigna, hai una bella proprietà e ti basta andare un paio di volte all’anno in mezzo al mondo e quando torni hai ancora più voglia di restare qui dove stai … anzi, andare in giro ti conferma che il tuo luogo è molto bello e hai cominciato a capire perché arrivano da tutto il mondo a vederlo, e a mangiare e ad assaggiare tutto quello che tu e gli altri avete cominciato a vendere e a sviluppare: perché per te lo sviluppo è questo, è fatto sulla tua misura. In fondo “a misura d’uomo” è un concetto nato e cresciuto dalle tue parti. La Cappella de’ Pazzi è a Firenze, mica a Mosca o a Singapore, e nemmeno a Filadelfia. E il Rinascimento cos’altro ha voluto dire se non “sviluppo”? Uno sviluppo sostenibile, perché ha voluto dire abbandonare concetti vecchi e anche un po’ cupi, per ripartire con una serie di nuovi criteri. Caro mio, se mi hai seguito fin qui devo darti una notizia: stiamo ripartendo di nuovo, perché la festa è finita davvero. Ora però non si capisce bene dove si va a parare, né se ci sarà ancora qualcosa per te, per me – per noi – alla fine di questo capitolo. Non voglio essere pessimista, però bisogna che tu sappia che se vuoi che ti rimanga qualcosa del tuo nido rassicurante, se vuoi ancora sorridere – tra qualche anno – guardando fuori dalla finestra, bisogna che ti prepari a essere molto attento a quello che ti succede intorno, devi sapere che niente più sarà gratis, non potrai dare più niente per scontato e non sarà facile far capire a quelli che pensano di diventare molto ricchi, che non possono espropriarti dei tuoi sogni.