Svending Preview

DSCN1380Tutti ad azzuffarsi sul paesaggio – parola che suscitava sogghigni o sguardi vacui, fino a sei mesi fa – confermando ancora una volta che un briciolo di buon senso è come una pepita d’oro: una rarità.
Mi si dirà che è colpa della storia di questo paese e a me viene in mente che alla propria storia questo paese non presta alcun interesse.
Vivo in una regione che è vissuta di rendita sulla propria fama, senza però sapere in che consistesse, senza aver nemmeno tentato di capire come mai tutti volevano venire qui – almeno una volta nella vita – e pensando (forse) che i viaggiatori, i visitatori, i turisti fossero attratti dalle parole.
Scrivo questo perché sento solo parole; si reagisce con parole a fatti ben precisi e in questo la Toscana – anzi Siena – non è più una metafora, è emblema addirittura dell’Italia intera.
Sì stasera sono influenzata male dal cavallino che è galoppato oltre oceano; quello che mi infastidisce è che si fa finta di niente, perché “Maranello non può essere trasportato altrove”. Ce lo daranno loro l’altrove, io scommetto su “New Maranello Town”, con busto di Enzo Ferrari davanti alla fabbrica delle rosse e conferimento postumo della cittadinanza americana.
Ma torno al paesaggio, questo sconosciuto che ora è diventato per tutti qualcosa di centrale, di politico, di strategico, di bucolico no di agricolo e così via saccendo.
Non c’è lo spazio, né ho la pazienza o la voglia di mettermi a discuterne, in questo giorno cupo di cupissimi anniversari e di coincidente addio alle rosse di Maranello.
Però una cosa la vorrei dire ai rari lettori di queste sporadiche cronache; esso, il paesaggio, c’è ancora, ma quando il decreto sblocca Italia (sbrocca Italia sarebbe più appropriato) sarà andato in onda, non ci sarà più modo di discutere, perché lì si prevede di azzerare tutto e tutto cementificare: il vecchio Pesenti non avrebbe potuto fare di meglio.
Allora si avrà veramente l’idea di che cosa significa, ma per davvero!, essere informati, almeno un po’ e leggere, almeno un po’, quel poco che servirebbe a cercare di difendere il futuro dei figli che verranno, ma anche il proprio conto in banca; e chi legge sa che è proprio così: meno paesaggio, meno soldi in tasca. Chi non capisce vada a leggere perché!

Silenzio!

Che mi succede?! Una botta di nausea da eccesso di parole. Davvero molto strano per una che con le parole ci lavora e ci fa i conti da una vita. “Silenzio, ora si fa.”, è quello che vorrei dire a tutti i parlatori, di solito piuttosto abili, che ci imbottiscono di suoni che pretendono di corrispondere ad azioni …, ma che dico: addirittura a concetti e magari anche a qualcosa di profondo.
Nessuno ascolta, ma neppure si ascolta o ri-ascolta. Se qualcuno lo facesse si accorgerebbe che non è vero che le parole possono essere dette ‘al vento’; se non altro perché ora esistono media più insidiosi e molto sofisticati rispetto a quelli in uso comunemente fino a qualche anno fa. Ma anche se questi media così sofisticati e avveniristici non esistessero, da sempre le parole – soprattutto se corrispondono a promesse – scavano dei tunnel nella mente e nel cuore delle persone, fanno germogliare idee, abbozzano orizzonti: sono vive e lavorano nel profondo della psiche.
Mi torna in mente una presentazione di trent’anni (?) fa, al quinto piano della Mondadori, Sala Consiglio, presenti – se ben ricordo – Piero Ottone, allora DG dei periodici, Neila Prizzon, la grande indimenticata signora della pubblicità che tanto fatturato portò a quell’azienda.
C’era la presentazione di una campagna pubblicitaria per promuovere un settimanale (non ricordo quale). Qualcuno dei presenti, piuttosto digiuno di comunicazione e in particolare di pubblicità, stava esortando a usare dei claim che a me sembravano decisamente imbonitivi. Intervenne la Prizzon che non era abituata a camarille e pissi pissi: “Non possiamo raccontare balle ai nostri clienti, promettendo che il giornale sarà qualcosa che non riusciremo a dare e a fare; non possiamo fare una campagna bellissima che promette miracoli e vende migliaia di copie in più, come per magia, perché non c’è niente di peggio di una campagna bellissima che promette un prodotto meraviglioso e lo fa acquistare da milioni di persone. Quando tutti quelli che l’hanno acquistato si accorgeranno che quella cosa lì è una “merda”, non ce lo perdoneranno più e li avremo persi per sempre!!”.
Così disse la Prizzon. Che sapeva come funziona la comunicazione e portava in azienda miliardi di fatturato. La regola è sempre la stessa.