Campagna di Sviluppo

È arrivata come un falco che piomba su un cucciolo che muove i primi passi, come il morbillo quando stai partendo per le vacanze, come un lastrone ghiacciato sotto uno strato di neve perfetta: è l’ordinanza che dice di togliere di mezzo tutti i tavolini, le sedie e le fioriere di bar e ristoranti; insomma tutto ciò che rende piacevole e accogliente ( e possibile) lo stare fuori, in questo autunno soleggiato, e chiacchierare, osservare lo struscio, bere un caffè (o un bicchiere di Rosso!). Un’ordinanza del sindaco di Montalcino che ha spogliato strade, piazze e angoli fioriti, lasciando molti punti interrogativi sulle ragioni di una scelta così ardita. Fra i troppi commenti irriferibili, si può citare lo straniamento negli occhi di un visitatore che chiedeva l’altro ieri “dov’è un ristorante in cui mangiare all’aperto, con questo bel sole!?”

“…si chiama Passera, non Aquila …”

Con un sussulto di inquietudine mi sono resa conto che, per la seconda volta capita al governo (questa volta è un ministro) un uomo che ho avuto come capo ai tempi dell’azienda. L’abbiamo commentato al telefono – non ci resta che commentare – con l’Ilaria (“quando l’ho saputo mi veniva da ridere e da piangere”!) e mentre ci si domandava il senso di questi giorni inquietanti, mi tornavano in mente i ricordi di giorni lontani, ma vividi. Perché anche quelli là erano giorni non proprio calmi: anche allora finiva una Repubblica, tra corrotti, suicidi, monetine lanciate, inchieste, magistrati, e una società che se ne andava in frantumi.
Il collega responsabile delle ricerche di mercato dell’azienda a cui era approdato Corrado Passera, come AD messo lì da una delle due parti che se la contendevano, affascinato dal cognome dell’uomo che ci stava abituando alla sua allure solo apparentemente dègagée (maniche di camicia a tutte l’ore, il corrispettivo di un Marchionne d’antan), un giorno mi affronta e mi dice, un po’ sornione, “passera…passera: ma se si chiama Passera e non Aquila, ci sarà pure una buona ragione”. I fatti odierni paiono invece dar ragione al neo ministro! Come dimenticare il Passera che tutte le mattine alle sette andava a messa in San Carlo, a Milano . . .come non ricordare, pensando alla metafora del collega di allora, che i passeracei sono uccelletti tutt’altro che indifesi …

Scappo col libro

Trovo melensi, stupidi e banali quasi tutti gli slogan – i claim – che vengono usati per incentivare la lettura. Di più, trovo che contraddicano quella regola aurea che consiste nel ‘ragionare per obiettivi’ (lucidamente e senza cedimenti); forse per imperizia o forse perché chi promuove la lettura non è convinto di quello che fa, non so. Bisognerebbe essere capaci di far almeno sospettare, a quelli che si vuole sospingere tra le pagine di un libro, quale arma formidabile esso sia per affrontare la realtà. Perché c’è un libro per ogni tipo di realtà – anche per quella, notevolmente romanzesca, in cui ci siamo ingolfati da qualche mese a questa parte –! Facevo questa riflessione guardando la copertina di “1Q84” , la narrazione in due tempi (libro 1 e libro 2) di Murakami Haruki. Ma questo è il libro che fa per (alcuni di) noi, in questo momento, se vogliamo allenarci adeguatamente a questa (strana?) realtà. Prima di tutto perché è scritto da oriente, da uno dei nuovi orizzonti del mondo. Ho già cominciato a leggerlo e Murakami è uno che sa correre nel futuro

Addio Toscana Felix

Ho incontrato il Mariotti Mauro brava persona, uomo serio con oliveto in quel di Seggiano, un suo tesoro a cui lavora con dedizione (è pure andato a studiare, tanta è la passione per l’olio e per le sue olivastre seggianesi); Mariotti mi ha regalato un flacone da 275 cc dell’olio che ha appena fatto e io me lo sono portato a pranzo. L’ho pure fatto assaggiare a Stavros e a Filippo che hanno apprezzato e in via del tutto eccezionale mi sono fatta una fettunta, che non so se richieda l’apostrofo o se sia un quasi-neologismo.
Ho pensato ”toh! Toscana felix funziona sempre, anche in giornate grame come queste, in cui cerchi rifugio e consolazione nei piccoli piaceri della vita”; invece “la Repubblica” faceva capolino, accanto al piatto; e sul quotidiano si intravedeva mr banana, alias signor B, disegnato da Altan. Stava lì a fare da parafulmine per la tempesta reiteratamente annunciata e sventolata, che somiglia sempre più alla favola di Pierino e il Lupo.
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Che cosa fa la capra

Dipende dalla capra, dipende dal pastore della capra, dipende da dove abita (cioè pascola) la capra. Nel caso in questione si tratta delle capre di Maria De Dominicis e consorte; si tratta di quella leggenda chiamata “Podere Santa Margherita” via del Colle 711 a Ville di Corsano, una frazione di Monteroni d’Arbia, un luogo dove sembra di essere in Toscana, nel senso che giri gli occhi tutt’intorno e provi quell’impressione profonda e acuta di cui noi milanesi andavamo in cerca, venendo da queste parti. Ci si veniva magari per il week end, mettendo a dura prova portafoglio e ore di sonno, ma ne valeva la pena. E io vorrei tanto che gli amici toscani – e magari, perché no?, qualche amministratore dei più dialettici e con l’occhio acuto – assaggiassero quel sentimento che noi provavamo, allora, e che è riservato ai forestieri – a quelli che la Toscana la perseguono – e non può che essere sconosciuto a chi ci è nato, perché inevitabilmente dà tutto per acquisito …
Le capre di Maria hanno corna calde e occhi penetranti, pascolano in quel paesaggio e quel paesaggio le induce a produrre ciò che vedete nelle immagini che allego a questo post. Volentieri ho fotografato anche l’avvertimento sui prezzi, perché è più attuale che mai. E nessuno pensi che non si vuole bene agli impiegati nel settore pubblico: vorremmo solo che fossero meno, pagati benissimo e lavorassero anche loro a produrre qualità uniche al mondo, come il paesaggio in cui pascolano le pecore di Maria, e che (di conseguenza) costassero meno. Non è un’utopia è uno degli obiettivi che ci dobbiamo dare per far funzionare questo paese.
Quelle che scorgete nelle immagini sono le mani di Maria; mani manuali, mani da manuale: per produrre e offrire al mondo formaggi unici, di cui andare orgogliosi. Nelle scodelle accanto ai tocchetti dei formaggi ci sono i semi di papavero e altre erbe. www.poderesantamargherita.it

L’occhio di Gigliola

“Venga a prendere un orzo con Gigliola”, mi dice la gentile ‘bartender’ de la Vineria delle Potazzine. In questi giorni in cui il mondo circostante si è trasformato in una valle di lacrime, con le intemperie a dar corpo alla metafora – e lacrime scorrono davvero e tante! –, mentre ogni giorno riceviamo conferme della fondatezza di tutte le peggiori dietrologie e illazioni, su incapacità di governanti e governi, farabuttaggine dei più alti organismi (cioè degli uomini che ci stan dentro) preposti a tutelare l’interesse comune, di menefreghismo e corruzione di chi doveva amministrare territori preziosi e delicati (il nostro patrimonio!) – in mezzo a tale bolgia – riscopro il conforto della gentilezza, la fortuna di trovare luoghi dove sei accolto con un sorriso e uno sguardo interessato, il profumo dell’eleganza e i colori che rasserenano. Sono andata a prendere un orzo e non vi sembri sacrilego che io mi senta confortata dall’occhio attento di Gigliola e dal clima gentile delle Potazzine.