Speriamo di fare Tredici, con la Forza delle Idee

Chiudo l’anno seguendo la celebrazione di un funerale. Era quello del Morino – un uomo malato che però riusciva a curarsi e a vivere una vita più che decente – ; era cacciatore, cinghialaio e se non sbaglio fedelissimo del piddì. E’ morto d’imprudenza, inopinatamente. Una cosa che può capitare a tutti noi, girando l’angolo sbagliato, o attraversando la strada al buio sottocurva, com’è successo a lui. L’Implacabile Signora è sempre lì, a sfogliare la sua Agenda. Altro che l’Agenda Mari-e-Monti, flebilmente diccì, pronta ad associarsi al piddì, per spremere ancora un po’ là e un po’ lì.
E allora auguri, via: pieghiamoci volentieri al vecchio rito, ancora una volta; diamoci dentro, teniamoci forte, però non reggiamo più il moccolo a questo ritorno al vecchio, al ritrarsi nel buchetto sicuro.
E ancora auguri di buoni pensieri, belle idee col coraggio di esporle e affrontarle; auguri di un’Italia meno floscia e moscia, che subisce e tace.
E auguri di trovare il coraggio di difendere lingua, paesaggio, e tutte le buone cose di questo paese.
Auguri insieme alla buona terra, il più prezioso tra i beni tangibili degli italiani, e che il sole sorga su un paesaggio politico completamente nuovo!

2013 in bocca al lupo, ma senza “pò” e senza “perchè”, senza “stò” e senza “quì”

Forse ci tocca un altro anno col sor Monti; allora consoliamoci con la ri-scoperta della nostra bellissima lingua. In opposizione ai “pink” e “green”, ai “choosy” che passano per “trendy”. Spegniamo la televisione e accendiamo un libro. Riguardiamo l’italiano, pensandolo come uno strumento per riempirci la testa, prima ancora che la bocca e lo stomaco. Perché senza avere la testa piena di idee, non ci riempiremo affatto la pancia. Non costa nulla (per ora), non è tassato (per ora): l’italiano è una grande lingua, melodiosa, ricca di vocaboli che stanno cadendo in disuso, ma che la renderebbero – se usati – ancora più ricca. Non priviamocene, coltiviamola, usiamo correttamente accenti e punteggiatura: utilizziamola per ragionare sui problemi del paese, sui nostri problemi.
Non permettiamo nemmeno che dei politici poco colti e per niente preoccupati ci intorpidiscano con le loro volgarità, con i berci, e i verbi troncati (anda’, fa’, comincia’, sta’, mangia’,…) del loro linguaggio abborracciato.
Ricordarsi della nostra lingua vuole dire ricordare la nostra storia, anche in modo critico e autocritico. Facciamolo, non lasciamoci espropriare anche di questo.

E non aspettiamo “un attimino

Saluto natalizio dal paese del paesaggio, al tramonto (tra mare e Monti)

Prima abbiamo avuto uno che ci ha dichiarato che con la cultura non si mangia; ora abbiamo (avuto, per il momento) uno molto ambizioso che ci fa andare tutto di traverso: le sue dichiarazioni si potrebbero riassumere così –andrò dove c’è il voto – (e se mi va male lì, son sempre in tempo per il Quirinale) .
Tra un equilibrismo e l’altro dei partiti che tendono a farsi votare schermendosi da questo professore-banchiere-tecnico, non si sa a che voto votarsi, ma noi facciamo partire i nostri pensieri da questo paesaggio, che non si mangia, ma che dà da mangiare (benissimo) e da bere anche meglio: buon paesaggio a tutti!  Guardarlo è gratis, emoziona e fa pure bene alla salute.

 

La Stagione dei Colori

Se vai a camminare di questi tempi – giornate cortissime e poca luce – pensi che tutto sia bigio: le vigne spoglie, l’erba annientata, fango un po’ dappertutto; e poi quel po’ di nebbiolina (quando non sono vere e proprie nuvole) che vela ciò che resta del paesaggio.
Se poi cammini per disciplina personale, hai l’abitudine a ‘svuotarti’ la testa, passo dopo passo, lasciando che il tuo sguardo allo stesso tempo, si riempia – faccia una vera scorta – di quello che la terra sa donare a chi l’apprezza.
Noi di città siamo particolarmente adatti a questo esercizio spirituale, che può assumere aspetti molto diversi: qualche volta diventando terapia – per noi la terra mantiene un sapore di rarità -. Siamo i fruitori ideali della campagna, anche se non tutti i nativi se ne sono resi pienamente conto (c’è ancora chi pensa a noi – a quelli di noi che più raramente di una volta si spingono fin qui, magari nei weekend – come alla gente che arriva attratta dal vino). Siamo i fruitori ideali della campagna, invece, a prescindere dal vino, che pure è un formidabile dono di queste vigne.
Ma il senso di liberazione che provi, se vai a camminare sfidando la stagione, è incomparabile, e tra i regali per i tuoi occhi (e per gli occhi della mente), c’è la sorpresa dei colori che in altre stagioni sono scontati e che ora invece riescono a sorprenderti.

Se poi hai anche l’abitudine di informarti – leggendo i giornali, guardando e ascoltando gli altri media – la campagna può diventare un rifugio. Così accade in questi giorni in cui la politica offre il suo peggio (anzi, il peggio del peggio sperimentato finora!), senza alcun riguardo per il buon senso (di chi ancora non lo ha perso), o per l’intelligenza non ancora sopraffatta dalla nausea.

Se vai a camminare puoi fare degli incontri piacevoli, magari con una pietra che, con la sua storia a colori, riesce a farti dimenticare l’ineleganza e la bruttezza degli uomini del “Palazzo”, di qualsiasi colore essi siano, con la loro insipienza e le loro ipocrisie di vanitosi.

 

12 12 12

Ho sempre pensato che 12 e 21 fossero due buoni numeri. Ho un libro molto interessante, vecchio di decenni, di Georges Ifrah sul significato dei numeri (penso a Ifrah e mi viene in mente che il suo nome fa rima con sifrah, in arabo ‘zero’.

Ho un’amica che ogni tanto osserva come ciò che io scrivo in questo ‘blog’ (che virgoletto in quanto atipico) sia insignificante, ovvero oscuro, per chi legge. Forse le ho già risposto che non mi importa molto. Come mi interessa relativamente essere letta. Talvolta i blog possono essere una specie di ‘mestruo’ della coscienza, o delle proprie riflessioni, e come tale non necessariamente caricarsi di espliciti significati.

Scrivere in modo gratuito – non per lavoro e nemmeno per raggiungere un obiettivo più o meno trasparente, come fanno alcuni, qua e là sulla rete – è un privilegio: scrivere a mano ancora di più, insieme a cantare, suonare e disegnare, senza aver paura del segno che resta sulla carta – sia esso una parola o un lineamento -.
Oggi è una giornata freddissima, ma è il 12 12 12: una reiterazione di un numero che mi piace e che mi suscita belli pensieri.
Oggi è anche il giorno dei funerali di Pietrino; chi ha avuto un meccanico, sulla cui spalla piangere per lo spinterogeno perduto (lo so benissimo, in tal caso sarebbe l’elettrauto), sa che cosa intendo se mi spingo a dire che Pietrino era (è) un’istituzione, molto migliore – soprattutto molto più affidabile – delle istituzioni a cui ci ha abituato chi ci governa.

Tornando al 12 12 12 (ma che soddisfazione compitarlo!), di lui mi sono accorta stamane in banca e da quel momento ho provato un sentimento di libertà, come se mi fossi scrollata dalle spalle un mio recente modo di essere – più accondiscendente – a cui mi sono sottoposta, emigrando dalla città alla campagna. Come se la vita in campagna necessitasse di uno stato d’animo speciale, per essere vissuta.

Ho fatto una promessa a me stessa, di ritrovare qualcosa che non era perduto, anche se così mi sembrava, talmente era stato ben nascosto. Scherzi dei numeri!

Scherzi del 12 12 12.

 

SIAMO TUTTI SOLDERA.

Chi è entrato, nella notte tra domenica e lunedì, nella cantina di Gianfranco Soldera a Montalcino e ha sversato il vino fracassando il lavoro di anni, ha soprattutto ucciso un po’ Montalcino. Non ha demolito di un “ette” il mito di Soldera e del suo superbo vino, semmai ha reso le bottiglie superstiti autentiche rarità; ha creato un’emozione bruciante fra quanti vivono la campagna e la creazione del vino con passione e intensità; ha anche certamente impaurito coloro che camminavano tra le vigne consapevoli della supremazia di questo vino, compiacendosi della ricchezza di questo pensiaro; ha fatto capire che la mafia è ovunque: e fa niente se – come alcuni dicono – non si tratta di mafiosi etichettati, anche in questo caso quel che conta è il pensiero.
Per ciò che mi riguarda colgo l’occasione per parlare: perché il silenzio è una colpa, l’adesione omertosa a qualsiasi scuola di pensiero è mafiosa. Il silenzio crea mostri, la parola che esprime idee (buone o mediocri o dissonanti che siano) genera, discussione, libertà e crescita civile. Per questo testimonio la mia solidarietà – non di amica, bensì di cives – a Soldera, e sottolineo che la mia testimonianza andrebbe a chiunque subisse un tale sfregio al proprio lavoro – fosse la vittima un amico, un conoscente o qualcuno di cui non condivido alcunché, o qualcuno che non stimo -.

Ho paura del silenzio, degli sguardi in tralice, delle parole non dette, del dissenso non espresso, delle vendette ignoranti. Perché con questi si scivola indietro, nel baratro dell’inciviltà.