Buonanotte è per sempre

I segnali non erano mancati. Perfino un capriolo che caracollava contromano, alle undici di mattina, che sembrava un cane smarrito. Ma anche qualche lampo nella memoria e una certa urgenza di telefonare (mai ripromettersi di chiamare qualcuno che non senti da anni: chiama e via). Un’urgenza tardiva.

Questi telefoni sono infernali. Inviano suoni ipnotici che ti costringono a guardare lo schermo: così ho capito che era arrivato un altro messaggio. Ho accostato a destra, a metà della discesa sotto Montisi, con un giro largo, per evitare di schiacciare una foglia morta che stava accartocciata in mezzo alla strada. C’era un vento forte, come di mare, e la foglia si muoveva raschiando l’asfalto. Insomma ci ho messo un po’. Poi mi sono fermata, ho aperto il telefono e ho visto il messaggio.

Di Mario mi restano solo un bel collage, un cache-col preso a Lodi nella boutique di un amico, e una campana a vento che veniva dalla California, di quelle che in luogo del battacchio hanno una specie di vela fatta con una lamina di rame: se c’è vento suona e fa un suono attutito e un po’ malinconico.