Gli occhi azzurri di Alberto B.

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Scrivo pensando a ciò che Alberto Bevilacqua avrebbe detto leggendomi, ma lui non può più farlo e ciò mi rende un po’ meno libera, tuttavia. Alberto non era un amico, nemmeno un conoscente, anche se qualche prova di (vera) amicizia da lui l’ho avuta e per conoscerci ci si conosceva molto bene. Ma Alberto era l’Autore, quello con la “A” maiuscola e non perché faceva Alberto, ma per l’ovvia ragione che portava immensi guadagni all’editore. Per questo, quando riuscirono a catturarlo, gli ordini di scuderia furono tassativi e assolutisti: andava assecondato, in tutto e per tutto.

Ma se mi aspettavo un dittatorello isterico e vanitoso – come troppi autori che non conoscono lo specchio, soprattutto quello dell’anima – mi fu dato di ritrovare qualcosa di diverso e non c’è tempo qui, ora, di raccontarlo. I ricordi vanno alla rinfusa, dalla sua conoscenza della banda della Magliana – e i racconti puntuali che ne faceva, le gesta e i caratteri, a chi aveva inclinazione all’ascolto -, al tonno con piselli che mi servì una moglie (slava, mi par di ricordare) a casa sua, a Vigna Clara, una sera di venti e poco più anni or sono. E l’ultima nuotata insieme, all’Argentario, dov’era in vacanza al Pellicano con l’amica di quell’anno 1994; e il consiglio “parla con l’Opus Dei, ti possono aiutare”, in un momento difficile (suggerendo ovviamente anche il nome giusto).

L’amico delle donne, soprattutto delle cento e più mila lettrici degli anni d’oro dell’Italia che non leggeva, amava l’azzurro (come i suoi occhi) e temeva la morte, ma forse più ancora la decadenza fisica – lui che aitante non era, ma poteva vantare mille sfumature di una voce interessante, che sapeva usare e che usava.

Un viaggio a Lily Dale, per lanciare un suo titolo in uscita, mi valse l’incontro con il mondo della spiritualità americana e non solo, ma soprattutto la momentanea guarigione dal mal di schiena, da cui ero stata colpita con l’arrivo di Berlusconi in casa editrice; di quel viaggio a New York, con il consueto nugolo di giornalisti importanti avemmo occasione di parlare anche per altre ragioni, che riguardavano la politica italiana, di cui conosceva praticamente tutti i retroscena.

Tra tante foto, ne ho scovata una del giorno in cui l’ho consolato un po’ della vecchiaia incipiente, rivelandogli che somigliava sempre più a un pittore fiammingo. Gli piacque.