Se la Mamma è il Capobanda

Quando rifletto all’ormai noto monito del Presidente Napolitano, contro i fanatici della moralizzazione, continuo a domandarmi che cosa mai glielo abbia ispirato. “Caro Presidente Napolitano, alla vigilia della Sua andata in pensione (beato Lei, penseranno gli esodati della Fornero), forse avrebbe potuto esprimere un altro monito, che avrei apprezzato molto di più; io avrei avuto in mente un messaggio all’opposto di quello da Lei lanciato durante la celebrazione di Chiaromonte, un monito all’incirca così: ‘Cari Cittadini, la corruzione si porta via risorse vitali per il nostro paese, perciò combattiamola con tutte le nostre forze anche a costo di passare per bacchettoni o per fanatici della moralizzazione’.”. Questo è quello che avrei scritto volentieri a Giorgio Napolitano, ma quello che vi racconto qui di seguito, vi fa capire perché invece – come si dice a Milano – “mi tengo i denti in bocca”!

Infatti dove vivo, vedo anche cose che spiegano bene – e da vicino – qual è il livello di moralità che va per la maggiore nel nostro paese, e sono perciò rassegnata – e comprensiva – anche nei confronti di Giorgio Napolitano, che nella sua alta carica, forse non intravede, diciamo così, lo spazio psicologico adatto a invertire la rotta e l’andazzo a cui –  con immenso disagio – dobbiamo rassegnarci (?).

Quindi approfitto di queste mie piccole – e spesso futili – cronache, per raccontare un’attività illecita (ma il nome vero è furto), che sta diventando un comportamento, forse non abituale, però piuttosto frequente, proprio qui, in questo ridente ‘balcone’ sul paesaggio; un paesaggio che sorprende e incanta anche i più incalliti viaggiatori (forse un po’ meno gli abitanti – essendoci questi ultimi cresciuti dentro -), ma è un incantamento che non impedisce ad alcuni di fare i furbi.

Il paese (Sant’Angelo in Colle) è giustamente famoso per due ristoranti in cui si mangia piuttosto bene (e si beve il meglio che Montalcino offre al mondo degli appassionati e dei conoscitori); il paese è anche noto, da sempre, per le merende e i pranzi che le donne di qui – riunite in associazione – preparano nelle occasioni della tradizione. Quando ciò avviene, Sant’Angelo si riempie di decine e decine di visitatori: coppie, famiglie, gruppi di amici, parenti di parenti; visitatori quasi mai occasionali, perché conoscono bene il luogo.

Certi lo conoscono tanto bene da sapere che il villaggio non è abitatissimo e le stradette non sono quasi mai affollate. Anche se sono molto ben curate e molto spesso gli abitanti le ornano con vasi fioriti, a seconda delle stagioni. Un’attività diffusa, nel paese, quella di ornare l’uscio con un coccio, magari già bello di suo, piantandovi i gerani, le calle (se siamo all’ombra), i tulipani, il rosmarino e le salvie, e nell’estate l’immancabile basilico (sbizzarrendosi nelle diverse varietà e odori).

Da tempo mi era capitato di notare che qualche volta ci sono anche signore con borse piuttosto capienti appese al braccio mentre passeggiano dopopranzo in occasione di queste feste, e girando per le vie del borgo, con marito e figli, ammirando gli archi, i portoncini, le pietre linde, le tendine accurate col pizzo, e soprattutto i numerosi vasi – grandi e piccini – che ornano poggioli, usci, davanzali. Vasi in cui gli abitanti esprimono la loro creatività.

A Pasquetta, mi è capitato di incontrare una di queste famigliole intenta a guardare da vicino un grande vaso pieno di piante, ai piedi della scala di Giuliano, uno dei paesani col dito verde. “Guardavamo come sono belle!”, mi dice il marito – a cui peraltro non avevo chiesto niente – tenendo le mani in tasca. Il figlio si guardava intorno con aria distratta e la moglie intanto dondolava pensosa una sua borsona vuota. “Sì, son belle, ma per prenderle bisogna chiedere al loro padrone”, ho buttato lì, guardando la borsa della donna.

Se ne sono andati velocemente, senza una parola, nemmeno un “ma come si permette”. Da tempo, qui non si contano i furti di piante- è il nome giusto e andrebbero denunciati –   (sradicate quando i vasi sono troppo grandi e pesanti per essere rubati) o di vasi interi, spariti dagli usci, o dalle scalette dove fiori e piante fanno bella mostra di sé; e gli autori non sono (in apparenza) pericolosi criminali, bensì le famigliole “normali” che pensano di portarsi via un ricordo del pranzo ricco, del buon vino e della loro furbizia.

Io penso che le mammine con la borsa e i loro mariti (e i figlioli) capiscano perfettamente che stanno facendo qualcosa che se li becchi sul fatto non sai bene quali potrebbero essere le tue reazioni, ma questo è solo uno dei mille esempi della moralità media, quella – per capirsi – contro cui non bisogna diventare fanatici.  Però non so se quelle mammine e quelle famiglie, trovandosi a votare per il sindaco o il partito, penseranno un pensiero diverso da quello che non impedisce loro di rubare la cosa d’altri!

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