Se fosse un blog del vino (ma non lo è) e se fossi capace di dire qualcosa di sensato per una degustazione, potrei spendere belle parole per raccontare un moscato di Donnas assaggiato all’inizio di questa settimana (profumi, profumi e ricordi).
Invece mi accontento di annotare l’emozione della passeggiata nelle vigne e il sentimento che mi suscita (per l’ennesima volta) l’incontro con la Serra Morenica del Neozoico. Confesso che le pur coinvolgenti spiegazioni scientifiche che la riguardano vengono superate – ogni volta che l’incontro – dalla sua presenza; essa (la Serra) mi appare come un’entità solo apparentemente immobile, una creatura viva e brulicante di ricordi ancestrali; ricordi della terra com’era e del nostro tempo più lontano. Le passo accanto e provo un’irresistibile attrazione, l’impulso di fermarmi e gridarle qualcosa che le faccia capire che “io ti sento!”.
La Serra è come una porta che si apre sull’immaginazione. Entro e avverto le tracce delle mie vite precedenti negli insediamenti arcaici e preistorici, tra un masso erratico e l’altro. E la pietra che emerge nel paesaggio curato dagli agricoltori (e deturpato dagli amministratori) costella il verde che luccica, le vigne impervie eppure accoglienti e fiabesche.
E – come sempre – il vino è il risultato di un intreccio di provenienze, appartenenze e una complessa serie di “…nze”; qualcosa di inimitabile (vivaddio), che non tutti sono pronti a capire: io sì!