La Fabbrica del Vino

Ogni tanto qualcuno salta su a ricordarci che il cibo non si produce in fabbrica: di solito è Carlin Petrini che scrive per sottolineare quello che tutti sappiamo, o meglio, che tutti dovremmo dare per scontato; che invece scivola via tra le parole d’ordine del mercato, della politica, della finanza. Mi hanno colpita le immagini della vendemmia, mentre ero fresca delle parole di Marchionne – uomo di poche parole, però esiziali -. Mi ha lasciato trasecolata la faccia di Monti (nella foto di fine incontro Fiat), accartocciata come quella di certe foglie delle viti che hanno esaurito il ciclo vegetativo. (Non è una critica al look di Monti, ma all’accenno di smarrimento che mi è parso di scorgere in fondo al suo sguardo). Due Italie, sembrerebbe, assorte in questi giorni in due mondi tra loro remoti, eppure accomunati dai gesti del lavoro.

Sì, il lavoro: come non pensare – intensamente – a quelli che l’hanno perso, alle fabbriche chiuse o socchiuse, a un paese che sta perdendo i gesti del lavoro, a suon di vaghe parole. Profuma vagamente di rivincita, o forse solo di riscoperta (quand’anche fosse…) la vendemmia. Un lavoro incerto, per definizione, dove il tempo la fa da padrone, un padrone che somiglia proprio a un dio che è più promettente di Marchionne.