Sovversivo e Pericoloso

Esco all’alba e lo incontro, di nuovo. E’ già la seconda volta a distanza di parecchi giorni; perciò nonostante l’aria mite e la pelliccia candida deve essere uno che nel wilderness se la cava benissimo. Oppure è una volpe travestita…e questa volta, non solo si lascia fotografare ma mi corre incontro, spiazzandomi un po’ e facendomi supporre che sia davvero un travestimento. Per (mia) fortuna le sue dimensioni sono contenute, altrimenti me la darei a gambe – proprio come uno dei   “capitani coraggiosi” raccontati nell’omonimo libro (subito ritirato dalla circolazione) – scritto secoli fa da Marco Borsa – un bravo giornalista che non c’è più e che è anche stato fondatore di “Espansione” -. A pranzo, ore dopo, conosco un greco; un greco inedito che lavora a Londra, in una banca d’affari. Mi conferma che un coniglio che incontri al limitare di un luogo aperto e selvatico non può essere bianco; tanto meno puoi incontrarlo una seconda volta, perché la volpe (o a scelta qualche altro feroce animale) l’avrebbe fatto fuori.  Ancora meno plausibile che un coniglio bianco, appena conosciuto   in situazione così precaria, si metta a correrti incontro. Ci dev’essere sotto qualche inghippo. Probabilmente non si tratta di un coniglio, ma di un pericoloso sovversivo, travestito per l’occasione.

Ultima Chiamata

Esco dal cinema, salgo in auto, avvio e accendo la radio. Sento una voce nota che non identifico – accento partenopeo: un attore, senz’altro – che dice “è chiaro che uno non diventa molto ricco, risparmiando sullo stipendio mensile, ma rasentando i confini del codice penale, o addirittura oltrepassandoli”.
Resto a bocca aperta. Questa voce che dà corpo a ciò che stavo pensando uscendo dal cinema è una coincidenza abbastanza impressionante. Sì perché al cinema avevo appena visto Margin Call, un film scabro e di rara intensità, che racconta – con un cast di attori molto convincenti – il ‘fallimento’ di una di quelle banche “too big to fail” che ha preso le mosse da una colossale ‘vendita bluff’, di (chiamiamoli semplificando così) titoli privi di qualsivoglia contenuto – pure illusioni, aria -. Insomma, una colossale truffa che ha lasciato migliaia di persone sul lastrico, permettendo così a un pugno di farabutti di arricchirsi enormemente.

Una delle innumerevoli speculazioni sporche che stanno contribuendo alla ‘crescita delle diseguaglianze’, fenomeno di cui saremo costretti a parlare per moltissimo tempo. E’ qualcosa di cui è difficile individuare contorni e dinamiche – perché ci viviamo dentro, nel quotidiano -, è qualcosa in cui scivolano le nostre vite – abituati come siamo a criteri e pensieri condizionati altrimenti -.La prima persona plurale, in questo caso ha un riferimento preciso; il “noi” riguarda chi vive in campagna, vicino alla terra, in luoghi solo apparentemente estranei o marginali rispetto a queste dinamiche.

Perché la terra – che è anche sentimenti e cultura che si esprimono tramite il paesaggio e gli elementi che lo determinano – è più che mai nel mirino della speculazione. Più è bella più è concupita (ma anche fraintesa). Perché i (nuovi) ricchi sono anche impazienti:tutto quello che comprano deve rendere (tanto e subito). Comprano tutto, ma capiscono poco.

La Fabbrica del Ghiaccio

Ogni epoca ha i propri miti. Sfogliando un libro scritto da Stella Pende – Confessione Reporter – ho trovato una foto che le ho scattato a Calle Fuego, nella casa di Garcia Marquez, nell’anno in cui usciva in Italia  ‘Dodici Racconti Raminghi’; le storie visionarie che Stella e l’Irene Bignardi hanno poi fulgidamente recensito, ognuna a modo suo. I ricordi, molto intensi, dei giorni trascorsi con “el Gabo”, i suoi commenti su Berlusconi, le sue manie affettuose, il racconto delle sue storiche amicizie italiane e le raccomandazioni affettuose di cui mi gratificava – persino su come comportarsi in caso di terremoto – mi si affollano tutti insieme nella mente e si raggrumano come un gomitolo fatto con un filo di un tempo finito. Se ripenso a Macondo (e al Macondo) in questa contemporaneità fatta di discorsi sui soldi e sugli andamenti della Borsa (valori), di crisi finanziaria, di crisi della politica (che non tiene in alcun conto i valori, al di fuori di quelli della Borsa), mi pare di stare in un mondo capovolto, agli antipodi di quello rigoglioso e magico raccontato da Marquez nei libri che hanno riempito l’immaginario di almeno due generazioni. Oggi, la fabbrica del ghiaccio non è più l’incipit di un mito, ma sta nel cuore della gente che vive una nuova solitudine ormai senza ideali, e Macondo me lo immagino in mezzo a un deserto.