Ultima Chiamata

Esco dal cinema, salgo in auto, avvio e accendo la radio. Sento una voce nota che non identifico – accento partenopeo: un attore, senz’altro – che dice “è chiaro che uno non diventa molto ricco, risparmiando sullo stipendio mensile, ma rasentando i confini del codice penale, o addirittura oltrepassandoli”.
Resto a bocca aperta. Questa voce che dà corpo a ciò che stavo pensando uscendo dal cinema è una coincidenza abbastanza impressionante. Sì perché al cinema avevo appena visto Margin Call, un film scabro e di rara intensità, che racconta – con un cast di attori molto convincenti – il ‘fallimento’ di una di quelle banche “too big to fail” che ha preso le mosse da una colossale ‘vendita bluff’, di (chiamiamoli semplificando così) titoli privi di qualsivoglia contenuto – pure illusioni, aria -. Insomma, una colossale truffa che ha lasciato migliaia di persone sul lastrico, permettendo così a un pugno di farabutti di arricchirsi enormemente.

Una delle innumerevoli speculazioni sporche che stanno contribuendo alla ‘crescita delle diseguaglianze’, fenomeno di cui saremo costretti a parlare per moltissimo tempo. E’ qualcosa di cui è difficile individuare contorni e dinamiche – perché ci viviamo dentro, nel quotidiano -, è qualcosa in cui scivolano le nostre vite – abituati come siamo a criteri e pensieri condizionati altrimenti -.La prima persona plurale, in questo caso ha un riferimento preciso; il “noi” riguarda chi vive in campagna, vicino alla terra, in luoghi solo apparentemente estranei o marginali rispetto a queste dinamiche.

Perché la terra – che è anche sentimenti e cultura che si esprimono tramite il paesaggio e gli elementi che lo determinano – è più che mai nel mirino della speculazione. Più è bella più è concupita (ma anche fraintesa). Perché i (nuovi) ricchi sono anche impazienti:tutto quello che comprano deve rendere (tanto e subito). Comprano tutto, ma capiscono poco.

3 pensieri su “Ultima Chiamata

  1. Sai Silvana, qualche tempo fa dicevo ad un amico giornalista che le tue bravissime figliole lavorano proprio bene, fanno un ottimo Brunello e rischiano seriamente di diventare nel prossimo decennio una tra le nuove “icone” del territorio. Ma guarda un pó, stai a vedere che gli capita di diventare ricche senza rasentare i confini del Codice Penale e senza essere nate porfirogenete. Alla luce di quello che hai appena scritto qui sopra che dire, peccato o che buona sorte?
    Un abbraccio, e tanti capitalistici auguri alle brave figlie. E al bravo figlio.

    • Caro Stefano, non credo che un ancorché “ottimo” (grazie per l’apprezzamento, ti piace davvero!?) Brunello permetterà alle due ragazze di diventare ricche (nuove ricche) in quel senso lì.
      Del resto – e tanto per esser chiara – quel genere di ricchezza lì non garba neppure a te.
      Solo che tu non hai fama di essere un “pericoloso sovversivo”, come la sottoscritta.
      Devo dire, a proposito di reputazioni varie, che mi è successo di passare – per metà della mia vita – per “pericolosa reazionaria” (perché lavoravo alacremente e altrettanto pretendevo da chi lavorava con me); è quasi un paradosso, quindi, essere approdata in terra (ufficialmente) di rossi (non quelli che ci beviamo con mucho gusto!!!) e ricevere quest’altra etichetta!

      • Ah magari tu ti riferisci a ciò che ho ascoltato alla radio. Che dire?! Mi pare che la tua famiglia operi nel settore agricolo da ‘qualche anno’, magari dando alla luce anche qualche uomo di lettere e di scienza (e persino un Santo, ohibò). Non è il capitalismo, in discussione, caro Stefano, è la finanziarizzazione (di rapina) del lavoro e delle imprese, quella che mi sta in cagnesco!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *