La giornata è frizzante con pochi gradi in meno, rispetto alla solita temperatura tiepida di questo pseudo-inverno; un bel po’ di gente sta concludendo l’ultima giornata di Benvenuto Brunello, dove sono stati consumati tutti i riti dovuti. Un giro di boa annuale per rassicurare gli animi, un vero e proprio esame di maturità che alcuni svolgono da privatisti. Per tutti una data da segnare sul calendario.
Leggo un articolo sul Corriere della Sera in cui si danno un po’ di numeri sull’andamento dell’occupazione in agricoltura. Ne hanno parlato in occasione del 32° convegno internazionale sull’agricoltura biodinamica che per la prima volta vedo recensito su cinque colonne in un quotidiano così conservatore e ligio alle ortodossie. Avrei molti commenti, ma preferisco uscire per una camminata e mettere alla prova il mio titubante ginocchio.
Camminare vuol dire apprezzare il mondo circostante; mi succede persino a Milano o in altre città, mi capita nelle periferie industriali (ormai dismesse) alla Mario Sironi. A maggior ragione una camminata è quanto di più godibile nella campagna molto pettinata e ammansita che mi circonda … “Coltivare in modo etico per creare lavoro e qualità” è all’incirca il titolo del Corriere e penso che se lo hanno scritto è perché c’è già una filiera di interessi pronti a trarre profitto e vantaggi da questo modo nuovo che nuovo non è. Qualche tempo fa parlando con il sindaco di questo paese gli dicevo che sarebbe un colpo grosso fare di Montalcino un’enclave del “bio”; non è un’idea (solo) mia, sono ben più di dieci anni che ne parlano i produttori di Brunello che hanno scelto la via della naturalità, ma certo che se tutta questa zona fosse ‘organic’ sarebbe la prima al mondo a compiere una scelta così netta e così piena di futuro. Il premio sarebbe un balzo della reputazione e del fatturato complessivo, per non parlare dell’attrazione che una scelta così radicale eserciterebbe sul turismo di alta qualità (e sugli investimenti).
Un po’ immalinconita dalla consapevolezza che qui non basterebbe il mitico “nudge” per mandare in porto una scelta del genere, perché mancano proprio i presupposti per un’evoluzione di quella portata (che farebbe epoca e incoronerebbe Montalcino e il suo vino in modo definitivo e clamoroso), mi concentro sulla luce che illumina le cose e le creature, rendendole uniche ed effimere allo stesso tempo.
Fare di Montalcino una roccaforte dell’agricoltura biologica e rispettosa delle genti e dell’ambiente sarebbe un operazione che alla città del Brunello porterebbe dei vantaggi di salute ma anche economici e di visibilità a livelo mondiale.
Ma non sarà possibile farlo e ti spiego il perchè.
Basta fare un giro dalle parti di Montalcino per vedere vigneti ovunque, dalle zone più vocate, alte, ventilate, ben esposte, fin nelle zone dove di norma dovrebbero starci il granturco e i girasoli.
Questi vigneti a ridosso di corsi d’acqua e bassi di altezza sono più a rischio di altri alle malattie funginee e la pratica del biologico, pur essendo possibile diventa molto più onerosa e difficile nel portare uva sana alla vendemmia.
Poi ci sono i numeri, le grandi aziende che monetizzano ogni istante ed ogni respiro dei costi di gestione per trarre o maggior profitto possibile o per avere la certezza di rientrare nelle spese.
Poi c’è la classica miopia toscana: In due si parla, in tre si letica.
Sarebbe auspicabile un distretto interamente biologico a Montalcino, invoglierebbe altri a farlo, riuscirebbe a far comprendere che questo paese ha speranza e futuro solo con l’agricoltura e la qualità, metterebbe ancora più in luce una delle nostre eccellenze nazionali: il Brunello.
Se riescono a pensare in modo speculativo (in favore e a vantaggio di tutti) questa cosa si farà. E dovrebbe essere estesa a tutta la Toscana. Il resto te lo dico a voce uno di questi giorni, appena riesco a finire un paio di cose.
Condivido pienamente l’assunto che l’agricoltura debba rispettare la terra e l’uomo ma, a parte il fatto che questo obiettivo non si raggiunge solo attraverso il bio, ma quando tu scrivi che il passaggio integrale al bio del Brunello “incoronerebbe Montalcino e il suo vino in modo definitivo e clamoroso” abbandoni i sentieri della logica per passare a quelli della fede. E’ semplice logica affermare che non esiste in natura alcun successo definitivo, e che anche se ci fosse il passaggio al bio non garantisce alcunché. Fede è sostanza di cose sperate, et argomento delle non parventi…
Siamo alle convergenze parallele, caro Stefano, io non ho “fede”, mi limito a leggere ricerche e sono convinta che sarebbe un colpo d’immagine. Tra essere convinti e avere fede ce ne corre. In realtà sarei abbastanza sfiduciata, generally speaking.