FURORE

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Rileggo spesso i libri già letti; la seconda lettura è come quando torni a cibarti con una specialità che ti aveva appagato, che ti ha lasciato un ricordo attraente – proprio come succede quando vai in vacanza nel luogo perfetto o ceni nel ristorante dove sai che ritornerai, perché niente ti ha deluso, anzi ti è rimasto un ricordo tale che hai sempre voglia di ritornarci.
Lo stesso accade con i libri; ma se c’è un libro che non rileggerei volentieri è proprio “Furore”, per la sua carica di disperazione, perché ti fa toccare con mano com’è la vita senza diritti, che cosa succede quando la terra finisce nelle grinfie dei poteri distanti dalla gente, quando i conflitti sociali erano spersonalizzati come il cuore di un tornado che tutto spazza via.
Eppure bisognerà che lo rilegga, per rinfrescarmi la memoria e trovare l’energia e la lucidità per controbattere – insieme a tutti quelli che lo stanno facendo – l’allucinante progetto che minaccia i comuni – popolazione, attività agricole, turismo, paesaggio, economia – del comprensorio Amiata – Val d’Orcia – Maremma.

Brunello on the road

La giornata è frizzante con pochi gradi in meno, rispetto alla solita temperatura tiepida di questo pseudo-inverno; un bel po’ di gente sta concludendo l’ultima giornata di Benvenuto Brunello, dove sono stati consumati tutti i riti dovuti. Un giro di boa annuale per rassicurare gli animi, un vero e proprio esame di maturità che alcuni svolgono da privatisti. Per tutti una data da segnare sul calendario.

Leggo un articolo sul Corriere della Sera in cui si danno un po’ di numeri sull’andamento dell’occupazione in agricoltura. Ne hanno parlato in occasione del 32° convegno internazionale sull’agricoltura biodinamica che per la prima volta vedo recensito su cinque colonne in un quotidiano così conservatore e ligio alle ortodossie. Avrei molti commenti, ma preferisco uscire per una camminata e mettere alla prova il mio titubante ginocchio.

Camminare vuol dire apprezzare il mondo circostante; mi succede persino a Milano o in altre città, mi capita nelle periferie industriali (ormai dismesse) alla Mario Sironi. A maggior ragione una camminata è quanto di più godibile nella campagna molto pettinata e ammansita che mi circonda … “Coltivare in modo etico per creare lavoro e qualità” è all’incirca il titolo del Corriere e penso che se lo hanno scritto è perché c’è già una filiera di interessi pronti a trarre profitto e vantaggi da questo modo nuovo che nuovo non è. Qualche tempo fa parlando con il sindaco di questo paese gli dicevo che sarebbe un colpo grosso fare di Montalcino un’enclave del “bio”; non è un’idea (solo) mia, sono ben più di dieci anni che ne parlano i produttori di Brunello che hanno scelto la via della naturalità, ma certo che se tutta questa zona fosse ‘organic’ sarebbe la prima al mondo a compiere una scelta così netta e così piena di futuro. Il premio sarebbe un balzo della reputazione e del fatturato complessivo, per non parlare dell’attrazione che una scelta così radicale eserciterebbe sul turismo di alta qualità (e sugli investimenti).

Un po’ immalinconita dalla consapevolezza che qui non basterebbe il mitico “nudge” per mandare in porto una scelta del genere, perché mancano proprio i presupposti per  un’evoluzione di quella portata (che farebbe epoca e incoronerebbe Montalcino e il suo vino in modo definitivo e clamoroso), mi concentro sulla luce che illumina le cose e le creature, rendendole uniche ed effimere allo stesso tempo.DSCN8916DSCN8918DSCN8919DSCN8922DSCN8925DSCN8927

Epifania

DSCN5998“Stanno vendendo le isole greche…” ho pensato quando la guardia del Parco regionale dell’Uccellina mi ha detto che non si può andare a Marina di Alberese in auto, ma solo a piedi o in bici. “Ma che c’entra, qui non siamo mica in Grecia e poi stanno solo facendo dei lavori per impedire alla pineta di morire” ho subito ri-pensato, buttando acqua sul pensiero precedente. “Si comincia così, ed è un modo per deviare il corso delle abitudini; sta a vedere che dopo cinquant’anni che ci vengo mi ritrovo la spiaggia privatizzata …”.

No, certo che non sarà così (almeno spero), ma questi sono i pensieri nuovi, quelli a cui ci ha abituato questo tempo presente, in cui la certezza, anche sulla proprietà pubblica di paesaggi o monumenti, o istituzioni, non ha più cittadinanza. Come una giornata in una spiaggia, senza inutili pedaggi (a parte l’igresso a ore, al parco), senza orpelli, con (ancora) un sentimento di libertà: seduti tra ginepri, rosmarini e tamerici, di fronte al mare, a leggere o a oziare, in silenzio, ascoltando il vento.

Non sarà così, non succederà, tuttavia sarà meglio farci un salto, portarci gli amici, chiamare quelli del FAI, scrivere a Italia Nostra, telefonare agli ambientalisti, noleggiare le biciclette, mettere le gambe in spalla, avvisare i vicini … Tutto fuorché tenersi il dubbio dentro, per non passare da disfattisti, per non essere vissuti come nemici del “partito” o del sistema, guardati come inaffidabili gruppettari che non vogliono adeguarsi ai tempi (orripilanti, peraltro) e ai passi dettati dalla necessità di rinunciare a certi effimeri piaceri (nostri), per far quadrare un qualche cerchio e tappare qualche buco. Meglio figurare come apprensiva, allarmista, snob, piuttosto che finire su una sdraio in fila per quattro con l’avanzo di niente …