La Cutrettola e il Pellicano

Ovvero come passare di colpo dalle gioie della campagna alla percezione del marciume in cui affondiamo. La cutrettola è un passeraceo molto singolare – ha una camminata lieve a cauta che la fa somigliare ad una danzatrice: infatti viene chiamata ballerina – e io ne conosco alcune famigliole che nidificano intorno al villaggio non natio dove abito. Osservare una cutrettola (che, tra l’altro, tende a interagire anche con gli umani) è una vera delizia; solo l’upupa riserva soddisfazioni simili!
Stamattina però ne ho incontrata una che non conoscevo, in un luogo inedito, ai bordi della provinciale vicino al ponte sull’Orcia, quasi in provincia di Grosseto. Pareva facesse l’autostop: quasi non si scansava al passaggio delle auto, tornando continuamente sui propri passi, sul bordo della strada che percorreva camminando su e giù, con una certa determinazione. Cercate una cutrettola e osservatela nelle sue azioni quotidiane: vi consolerà delle porcherie che quotidianamente potete scoprire leggendo ciò che resta della libertà di stampa del nostro paese.
Ma come – si può obiettare – il governo è cambiato, ora c’è gente davvero sobria, che finalmente si comporta e si esprime come dovrebbe farlo chi tiene in mano le redini di un paese, in un momento così delicato…
E sull’allure di chi governa il paese non c’è proprio niente da dire, se non quello che magistralmente – in poche frasi, infilate una dopo l’altra, con ineluttabile consecutio – osserva Travaglio (un giornalista che ho spesso trovato detestabile), sulla prima pagina del Fatto Quotidiano, oggi, dando corpo a tutto quello che pensiamo in tanti – diversamente appartenenti – ma che viene taciuto da tutta la stampa “che conta”. Più che malinconico, allarmante.

Un pensiero su “La Cutrettola e il Pellicano

  1. Fra campagna, Monti e mari…

    Articolo di Rachel Donadio per “The New York Times” ,pubblicato da “la Repubblica” – Traduzione Marzia Porta

    Nikos Gavalas e Alexandra Tricha, due trentunenni con una laurea in Agraria, erano stanchi degli impieghi poco rimunerativi e dei contratti a breve termine che Atene offriva loro. Nella capitale le opportunità di lavoro scarseggiano e la vita costa cara. Per questo lo scorso anno hanno deciso di dedicarsi all´allevamento di lumache commestibili da esportare.

    Così, mentre l´economia nazionale, già stremata, continua a perdere colpi, si sono uniti all´esodo di quanti hanno deciso di tornare alla terra e cercare nel passato rurale della Grecia un´ispirazione per il proprio futuro. La loro iniziativa, ammettono, è piuttosto insolita, e richiede maggior lavoro manuale di quanto entrambi immaginassero.

    Ma in un Paese sull´orlo del fallimento, nessuna idea può essere scartata a priori. Per questo Gavalas e Tricha sono tornati nella nativa Chios dove hanno avviato la loro insolita azienda, grazie ai 40mila euro prestati loro dalle rispettive famiglie, frutto dei risparmi di una vita. «Ad Atene non s´intravede alcuna speranza», racconta Tricha. «Abbiamo fatto la scelta giusta».

    In Grecia la disoccupazione ha ormai toccato la soglia del 18 percento, ma tra i giovani tra i 15 e i 29 anni registra un picco del 35 percento. Il settore agricolo però è stato sin dall´inizio della crisi uno dei pochi a dare qualche segnale di ripresa e a offrire, tra il 2008 e il 2010, 32mila nuovi posti di lavoro. I dati emergono da uno studio condotto dalla Confederazione panellenica delle associazioni agricole. «L´incremento maggiore ha interessato le persone tra i 45 e i 65 anni», spiega Yannis Tsiforos, che dirige la Confederazione. «Persone che in passato avevano un´occupazione diversa».

    Tradizionalmente in Grecia le famiglie investono nel mattone e nella terra. Ricevere in eredità dei terreni è comune e, con l´avanzare della crisi, sono sempre più numerosi i greci a fare affidamento proprio su di essi. Panos Kanellis, preside della Scuola agraria americana di Salonicco, afferma che negli ultimi due anni le iscrizioni sono triplicate. Spesso, aggiunge, i giovani gli chiedono: «Ho ereditato due ettari di terra da mio nonno, in quella tale regione… Posso ricavarne qualcosa?».

    È una domanda a cui sempre più greci danno una risposta affermativa. «Credo che saranno in molti a scegliere questa strada», afferma Tricha. «Nelle grandi città non c´è futuro. L´unica scelta, per i giovani, è di trasferirsi in campagna o andare all´estero».

    Altri giovani, anziché tornare alla terra, ripongono le loro speranze nel mare, altra venerabile industria greca. Stando al ministero della Marina, a partire dal 2008 le domande di iscrizione alle scuole marittime di tutto il Paese sono quadruplicate, sino a raggiungere le attuali 7mila. Yannis Menis ha 27 anni ed è nato a Chios. I suoi studi di fisica nucleare, dice, gli assicuravano delle buone prospettive, ma poco prima di conseguire il dottorato ha dovuto lasciare gli studi, decidendo di seguire le orme del padre: un ingegnere navale che lavora come responsabile della manutenzione delle navi. Lo scorso settembre Menis ha iniziato la scuola marittima di Chios. «Non ho detto a nessuno dei miei nuovi colleghi dei miei trascorsi nella fisica. In Grecia di questi tempi avere studiato troppo è uno svantaggio».

    In una fase critica dove la crisi del debito ha eroso anche le più recenti conquiste economiche del Paese, il dibattito sul ritorno alla terra è molto sentito. Nessuno però sa dire con certezza se rappresenti un passo in avanti o indietro. «I miei genitori vengono dalla campagna. Io ho studiato per evitare di fare lo stesso. Loro poi sono diventati insegnanti, mentre loro figlia ha studiato per tornare a lavorare la terra», racconta Tricha. «Per me è un progresso, perché da troppo trascuriamo i campi».

    Altri considerano una simile tendenza scoraggiante. Georgia Poumpoura, 73 anni, divide il proprio tempo tra Atene, dove ha cresciuto la propria famiglia, e Mesta, dove è cresciuta in povertà e dove oggi la sua pensione le consente un maggiore potere d´acquisto. «Ho tre figli», spiega. «Tutti e tre ingegneri, ma disoccupati. Ad Atene vivono a fatica. Qui mio marito e io sbarchiamo il lunario, ma abbiamo ridotto di molto le spese», aggiunge. Se i suoi figli tornassero a Chios però, ne sarebbe delusa. «Ho lavorato sodo perché i miei figli e i miei nipoti potessero studiare all´università», dichiara. «Se tornassero qui, i miei sforzi sarebbero stati vani».

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