E’ una grazia ricevuta, un soccorso nei momenti di cupezza, un’idea di estrema indipendenza, uno spasso, un motivo di buonumore: disegnare è pensare, specchiarsi nel paesaggio, vedere oltre. Disegnare è anche scoprire un sé misconosciuto o ben celato sotto strati di materiali vari …
Ne scrivo perché quello che per alcuni privilegiati è un talento, per tutti può essere una di quelle scappatoie dalla banalità o dalle ansie quotidiane. Provare a disegnare la propria ansia, senza sperare o supporre di creare chissà che, può essere un’attività foriera di sorprese, tutte gradite, tutte in grado di arricchire chi si lascia andare – e lascia scorrere la penna o la matita sul foglio -.
Ed è ben diverso dai virtuosismi di chi acquerella (i pochi bravi acquerellisti sono veri artisti che creano immagini grandemente evocative); disegnare (come scrivere a mano)è come avere un gomitolo confuso dentro di sé e dipanarlo mentre la penna scorre sul foglio. Come tutte le attività manuali-artigianali, disegnare dà una grande soddisfazione psicofisica: c’è qualcosa di impagabile nel riuscire a rendere concretamente visibile qualcosa che uno ha in testa, magari in modo confuso. Lo stesso accade con la scrittura a mano: è come se i pensieri fluissero giù per la testa, lungo il collo, sulla spalla e poi – aggirando il sovra spinato (un muscolo che fa scherzi da prete alla maggior parte degli ultrasessantenni troppo baldanzosi) – strisciassero giù per il braccio e l’avanbraccio, fino a entrare miracolosamente nel pennino o nell’inchiostro della stilografica e andassero a fare i loro bisogni sul foglio immacolato. E possono anche essere pensieri, idee o forme terribili, ma saranno liberati dalle loro ombre, dagli eccessi inesprimibili, dall’indicibile.
Per questo mi mettono in ansia i programmi scolastici, i nuovi protocolli che vanno a regolare i rapporti scritti tra persone e/o istituzioni, in cui si prevede l’esclusivo uso dei supporti digitali. Il dito (la mano) – evocato dall’aggettivo ‘digitale’ è totalmente eliminato e viene considerato solo come uno strumento. Ma strumento è invece la macchina, che a volte si impadronisce dei nostri pensieri e li rivela …
Aggiungerei anche fischiettare e cantare. Ma hai il pregio di aiutarci a riflettere, mi basta anche il titolo a tre e poi ognuno ci aggiunga quel che lo aiuta a non arrendersi all’ansia. Nel ’68 avevamo programmi scolastici che pretendevano d’ingabbiare i cervelli. Avevamo però degli insegnanti capaci, che coltivavano le intelligenze. Possono imporci per legge o regolarmente quel che vogliono, ma saremo sempre capaci di mandarli a gambe all’aria. Ricordi Brecht nella sua bellissima poesia “Generale, il tuo carro armato è…”? Anche i programmi e i protocolli hanno lo stesso difetto.