Come interpretare quello che leggo e ascolto, dopo i risultati elettorali…? Non è la prima volta che il modificarsi delle opinioni mi fa venire in mente la forma della “camme”, familiare soltanto a quelli che hanno frequentato i motori e l’albero a camme.
Vedo che, dopo il persistere della demonizzazione del ‘nuovo’ e dell’inconsueto, da parte di un giornalismo troppo vicino ai centri del potere (“altrimenti perdi il posto, bellezza!”), un giornalismo sordo e cieco a qualsiasi istanza da parte di chi non è ben dentro le stanze, protetto da una qualche sigla – vanno bene il sindacato, i partiti, associazioni di categoria: gli emblemi che rappresentano interessi ben codificati, anche se di minoranza non importa – le opinioni firmate faticosamente (e forzosamente, in molti casi) stanno virando, gli sguardi diventano possibilisti; e anche la tentazione dell'”inciucione mortale” è in agguato.
Questo dopo elezioni così inedito mi appare sempre più come una specie di sessantotto sui generis: luogo di istanze a cui “il sistema” è stato sordo e con cui ora deve venire a patti. Ma, dentro questa cosa, ci vedo dell’altro – oltre ai giovani senza futuro, alle speculazioni della Germania (e nobn solo), all’Europa che si comporta come la matrigna di Biancaneve, alla finanza assatanata -: c’è, dentro la cosa odierna un motore ancora più potente, una specie di istinto primordiale, qualcosa che è più forte e immediato nelle creature giovani, ma che è sistito e resiste anche nei vecchi più allenati a guardare verso il futuro, anche quando è conto terzi.
Quando cesserà l’impasse tecnologico che mi ostacola nella redazione di queste righe, interrompendomi continuamente, vorrei scriverne meglio e più chiaramente; per ora mi limito a scrivere che (forse) finalmente ci si accorgerà che la terra, l’agricoltura, le risorse di cui abbiamo fatto man bassa fino a un minuto fa, dovranno essere presi in considerazione in modo diverso e più vero. Dovrà succedere, anche se questo sarà in profondo conflitto con gli interessi di tutta la politica che ho conosciuto fino a ieri. Una politica troppo intenta a fare affari, troppo dimentica delle idee che avevano motivato la nascita dei diversi (tra loro) partiti, che hanno scordato la loro diversità e le idee originali e che, a causa di questa dimenticanza, sono moribondi.
Mica facile interpretare quello che è successo, tutti (più o meno) cercano di trovare spiegazioni guardando nel passato ma non mi pare che questo metodo funzioni. Con il senno di poi direi che i nostri genitori si siano trovati di fronte a un problema simile nel ’68, non erano in grado di capirci perché quelli che per noi erano bisogni per loro erano cose insignificanti. Ma per noi erano reali, e lo sono divenuti nel mondo che è venuto poi. Qui serve un salto intellettuale ma, personalmente, non riesco a capire come farlo né verso dove.
Anche a me è venuto in mente il sessantotto….
Ma sta succedendo tutto in modo diverso. Mi sembra che la gente si è accorta di essere stata menata per il naso; e quando dico “la gente”, lo faccio a ragion veduta, perché è un sentimento davvero trasversale.
Trovassero il modo di porre, o almeno tentare di ridurre, la triste piaga della corruzione sarebbe già una grossa rivoluzione.
Legge elettorale, riduzione drastica dei costi della politica, dimezzamento dei rimborsi elettorali ai partiti, conflitto di interessi, fuori tutti gli inquisiti. E’ solo l’inizio ed è già immane. Chissà!
Intanto c’è un ‘partito’ che spinge affinché – in un modo o nell’altro – l’Italia si trovi costretta a chiedere l’ombrello all’Europa, cosicché chiunque andrà a governare sarà governato dalle banche europee, come la Grecia. Con i risultati che ormai conosciamo bene.