Mi ritorna in mente

Guardo questa foto, scattata giovedì, durante il lavoro delle ragazze di Fonterenza e mi torna alla memoria il commento di Piero Talenti, quando gli ho detto che stavo acquistando un pezzo di terra che pensavo di dare in dono ai miei figli per il loro compleanno. Gli occhi chiari gli si schiarivano ulteriormente, mentre parlava con un accenno di sorriso – “… con un pezzo di terra non manca mai da mangiare” –. Erano gli anni novanta e il suo commento, mi toccava in modo particolare, perché mi regalava una sorta di considerazione da parte di uno degli uomini di campagna che più ho stimato, schiudendo la porta di un mondo sconosciuto a una di città abituata a frequentare i potenti di un altro contesto, ben lontano da quello rurale di Piero; la sua frase, allora, poteva anche evocare qualcosa di remoto, come un film di Bertolucci o una novella siciliana.
Il commento di Piero oggi mi ritorna in mente, e con esso l’idea stessa della terra, di cui lentamente impariamo l’unicità. È l’unica cosa che non ‘cresce’, che non si può fabbricare, che non aumenta di quantità, che non si può cercare in un altro negozio, che non si può delocalizzare, che non si può imitare, che non si può falsificare, che non va in default.

9 pensieri su “Mi ritorna in mente

  1. …e mentre noi per fortuna abbiamo la terra, la sua fatica, la sua pedagogia, ecco cosa suggerisce un signore che di finanza ha riempito la sua vita: George Soros tradotto dal Financial Times -via Repubblica…

    “I mercati finanziari stanno guidando il mondo verso un’altra Grande Depressione”, comincia Soros: questa è la sua accusa. Seguita da una constatazione: “Le autorità, particolarmente in Europa, hanno perso il controllo della situazione”. Ed ecco cosa è necessario fare: “Devono riprendere il controllo e hanno bisogno di farlo ora, subito”. Perché ciò sia possibile, afferma Soros, “è necessario fare tre passi coraggiosi”. Primo: i governo dell’eurozona devono raggiungere un accordo di principio su un nuovo trattato per creare un ministero del Tesoro comune per i paesi dell’eurozona”. Secondo: nel frattempo, le principali banche devono essere messe sotto la direzione della Banca centrale europea (Bce), in cambio di una temporanea garanzia e una permanente ricapitalizzazione. La Bce ordinerebbe alle banche di mantenere aperte le linee di credito e i prestiti, monitorando strettamente al tempo stesso i rischi a cui sono esposti i loro conti. Terzo: la Bce dovrebbe permettere a paesi come l’Italia e la Spagna di rifinanziarsi temporaneamente entro determinati limiti a un costo molto basso. “Cio calmerebbe i mercati”, osserva l’imprenditore, “e darebbe all’Europa il tempo per sviluppare una strategia di crescita, senza la quale il problema del debito non può essere risolto”.

    Soros ammette che sarebbe necessario molto tempo per concludere un nuovo trattato per i paesi dell’eurozona, al fine di creare un super-ministero del Tesoro europeo, nel periodo ad interim “i paesi membri dovrebbero affidarsi alla Bce per riempire il vuoto”. Lo scopo immediato, sottolinea il finanziere, “è erigere barriere contro il contagio di un possibile default greco”. Sia le banche che i titoli “di paesi come Italia e Spagna hanno bisogno di essere protetti”. Per diminuire “la pressione sui titoli di stato di paesi come l’Italia”, precisa, “la Bce dovrebbe abbassare il suo tasso di sconto”. E per un periodo di emergenza Soros auspica un meccanismo che permetta “all’Italia e ad altri paesi” di rifinanziare il proprio debito di circa l’1 per cento l’anno.

    • La BCE abbasserà i tassi e le banche italiche aumenteranno lo spread. La malattia da curare è un’altra. Questa stessa gente che sta creando – ad arte o almeno scientemente – tutto ‘sto casino, un giorno cercherà di levare la terra a chi ce l’ha.
      L’ho sognato stanotte e ogni tanto eseguo sogni profetici.

  2. E’ la febbre del nuovo Ferragosto

    LUCA MERCALLI

    Un settembre così caldo sul Nord Italia non si era mai visto, almeno da quando si eseguono le misure termometriche. Il predominio sull’Europa centrale di alte pressioni alimentate da aria di origine subtropicale ha determinato un anomalo prolungamento dell’estate, che si mantiene tuttora, giunti ormai al primo fine settimana di ottobre.

    Tutti gli osservatori meteorologici storici, da Torino a Modena, da Piacenza a Pontremoli, hanno registrato temperature medie mensili da record. A Torino il valor medio di 23,1 gradi supera di 4 gradi il normale, ed è un primato per settembre dal 1753, superando il precedente massimo di 22,7 gradi stabilito nel settembre 1961. La situazione è stata simile all’osservatorio di Pontremoli, attivo dal 1929 sul fondovalle appenninico della Lunigiana: media di 20,1 gradi, 3 sopra la norma, anche qui un record. Pure al Sud il caldo non è mancato di certo, ma con anomalie meno pronunciate rispetto alle regioni centro-settentrionali. Ben poche perturbazioni sono riuscite a vincere il dominio anticiclonico e a scorrere lungo la penisola, effimere ma violente, come quella che tra il 17 e il 18 settembre ha scatenato nubifragi in Piemonte e Lombardia, e d’improvviso ha portato la neve fino a quota 1000 metri in Alto Adige.

    Così, curiosamente, nel settembre più caldo da due secoli si è avuta una nevicata insolitamente precoce sulle Alpi centro-orientali. Bizzarrie della variabilità meteorologica, che talora propone anomalie ravvicinate di segno opposto, ma nello studio del clima contano più le medie di lungo periodo rispetto a episodi brevi e localizzati. E se pure le ondate di calura prese singolarmente non possono essere messe in relazione con certezza al riscaldamento globale, la loro frequenza è inequivocabilmente in aumento.

    Dei dodici mesi dell’anno, a Torino ben undici – tutti salvo dicembre – hanno aggiornato il loro record ultrasecolare di caldo, inteso come media mensile, negli ultimi vent’anni, allorché la febbre dell’atmosfera è divenuta più evidente. E la frescura del luglio 2011, che ha disturbato le vacanze sulle Alpi, è stata solo un breve intermezzo in un’annata finora ben più calda del dovuto: se ne sono accorti non solo i ghiacciai, in drastico regresso anche quest’anno, ma anche le piante, le cui fasi di sviluppo stagionale hanno visto anticipi fino a un mese, e che talora stanno esibendo insolite fioriture che contribuiscono a rendere surreale l’atmosfera di questo strano inizio d’autunno.

    Ieri pomeriggio, nonostante i cieli lattiginosi per foschie e particolato inquinante presente nell’aria della Pianura Padana, i termometri segnavano 27 gradi a Bolzano, 28 a Torino e Bologna, 29 a Trieste, valori da metà agosto. La configurazione meteorologica rimarrà immutata anche nel weekend, con temperature prossime a 30 gradi in molte città italiane, da Nord a Sud, e solo a metà della prossima settimana correnti dalla Scandinavia dovrebbero riportare le temperature entro la norma stagionale.

    • …segue, fonte: Il Fatto Quotidiano

      I cambiamenti climatici disegnano nuove mappe del globo
      Il prestigioso Times Atlas of the World inserisce tra le proprie mappe Uunartoq Qeqertoq, che in lingua Inuit significa “isola del riscaldamento”, circa 650 km dal Circolo polare artico. Tra avveniristiche piattaforme e nuove terre, l’innalzamento dei mari non è più una questione di futuro, ma di sopravvivenza del presente
      Centomila abitanti da traslocare nei prossimi trent’anni su un’isola artificiale, una piattaforma galleggiante da due miliardi di dollari, per sfuggire all’innalzamento del livello del mare dovuto ai cambiamenti climatici: ipotesi ormai presa in seria considerazione dal presidente dello Stato insulare di Kiribati, in Oceania. Una dichiarazione scioccante, fatta durante il recente Pacific Islands Forum di Auckland, in Nuova Zelanda. È l’organismo che annovera le Maldive e Tonga, Tuvalu e le Salomone insieme alle isole Cook. Tutte accomunate dalla stessa sorte inquietante: l’incubo di ritrovarsi presto sommerse dall’oceano, scomparendo dalle carte geografiche. Mappe su cui, nel frattempo, altre isole nascono dalle acque. Lo conferma il prestigioso Times Atlas of the World che, nella sua ultima versione, ha ufficialmente riconosciuto la Uunartoq Qeqertaq, o Warming Island, comparsa in questi ultimi anni a causa dello scioglimento dei ghiacci artici.

      Il Presidente di Kiribati, Anote Tong, ha mostrato di volere fare sul serio, per permettere ai suoi cittadini di non doversi trasferire in altre parti del mondo. Prima che Kiribati si inabissi, gli isolani traslocheranno su una maxi-piattaforma simile a quelle petrolifere. “Se siete di fronte all’opzione di rimanere sommersi, saltereste su di una piattaforma come quella? Penso che la risposta sia ‘Sì’”. Quando ha visto i modelli di queste strutture (a quanto pare quelli nati dalle visioni futuristiche dell’architetto belga Vincent Callebaut), Tong pensava di avere a che fare con qualcosa di fantascientifico, così moderno da chiedersi se la sua gente potesse veramente viverci. “Stiamo prendendo in considerazione tutte le opzioni”, conferma Tong, muovendo dalla più semplice delle domande: “Cosa fareste per i vostri nipoti?”.

      Del resto, oltre alla possibilità di non avere più una terra su cui vivere entro i prossimi tre decenni, i problemi per Kiribati si presentano già oggi a livello di spese: supera infatti i 900 milioni di dollari (Usa) la cifra che il piccolo Stato-isola – come le altre realtà insulari della regione, minacciate anch’esse dal global warming – dovrà sostenere per proteggere adeguatamente le sue infrastrutture dall’innalzamento delle acque marine. Servono soluzioni tecnologiche ma anche finanziarie: obiettivo non facile, scovare i fondi necessari all’innalzamento di barriere per proteggersi dal mare.

      Fra utopia e realtà, più che ad enormi investimenti in avveniristiche piattaforme galleggianti, probabilmente ci si dovrà preparare, nell’arco dei prossimi trent’anni, a una serie di migrazioni ed evacuazioni di massa. Nel Pacifico, infatti, Australia e Nuova Zelanda valutano già la possibilità di dovere presto ospitare i Kiribatians e molti dei loro vicini. Persone che, in fuga dal mare, giungeranno in cerca di una nuova casa, dopo che la loro sarà stata inghiottita dalle acque.

      Ormai è solo questione di tempo: le mappe e le cartine geografiche che abbiamo studiato a scuola stanno per cambiare. Secondo Times Atlas of the World, l’atlante più completo al mondo, nel Pacifico è prossima la sparizione di interi arcipelaghi, mentre in altre parti del globo si assiste al fenomeno inverso: la comparsa di nuove isole, come Uunartoq Qeqertoq, a circa 650 km a nord del Circolo Polare Artico.

      L’“Isola del riscaldamento”, in lingua Inuit, scoperta poco più di cinque anni fa e ufficialmente inserita nelle mappe solo quest’anno, è emersa dalle acque a causa dello scioglimento di importanti porzioni dei ghiacci della Groenlandia. È la conferma della tesi avanzata dal National Snow and Ice Data Center statunitense (Nsidc): in collaborazione con Greenpeace, dopo i risultati di quest’estate relativi alle (elevate) temperature del Mar Glaciale Artico, l’istituto americano ha rilevato in questi giorni il secondo livello più basso della contrazione dei ghiacci artici mai registrato. “Si tratta di un chiaro segnale dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla calotta polare”, avverte il Nsidc.

      Sconvolgimenti climatici che, per Tuiloma Neroni Slade, segretario generale del Forum delle Isole del Pacifico minacciate dal mare, sono “un pericolo del presente, non un problema per il domani”. Meglio farsene una ragione, secondo Slade, perché ormai “l’adattamento è una necessità, non una scelta”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *