Il Lavoro di Bramante

Negli anni ho visti tanti vecchi vendemmiare. Si avvantaggiano su quelli più giovani per via dell’esperienza, dell’occhio allenato, delle mani sapienti – come quelle di Bramante, che me le mostra lamentandosi per “qualche doloretto” –. Si avvantaggiano in forza della conoscenza, qualcosa che per ora viene ignorato, e per la forza d’animo che di questi tempi è un bene indispensabile.
Non è proprio da tutti essere come il Ciolfi Luciano: avere una figlia (che a tre anni guarda pensosa i filari della vigna) averci intorno una famiglia e usufruire di un asset aziendale unico, un nonno del 1915 (3 maggio, per la precisione) in carne e ossa. Un nonno che fa parte a pieno titolo della squadra di vendemmiatori (tutti di Montalcino e tutti in regola con l’INPS!), che sembra avere le cesoie incorporate, che non si fa sfuggire un acino sbagliato (e zacc lo fa fuori) prima di lasciar cadere il frutto nel canestro. Buon Brunello, Bramante!

6 pensieri su “Il Lavoro di Bramante

  1. Gente soda e robusta quella nasce il 3 di maggio e Bramante è pura ghisa fisica e intellettuale fra quella terra secca grigia virante a crete.
    Andrebbe ascoltato anche solo al rumore delle scarpe mentre cammina.

  2. Bramante ha il passo fermo e nessuna velleità di stare al passo con quelli più giovani.
    La cosa che mi ha colpito è la consapevolezza che emana da lui, il sentimento di dover fare la propria parte, tutti. Un sentimento oggi poco diffuso anche tra chi lavora.

  3. Non conosco affatto Bramante (che ha la stessa età di mia nonna) ma conosco (pur poco) Luciano e (ancor meno) i suoi vini.

    Ora capisco il perché dell’affetto con cui Luciano parlò di quel Bramante non era ancora in bottiglia. A un Terre di vite.

    Un caro saluto.

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