“Sì: parla di paesaggio, Mariù, parlamene; dimmi che illusione non è, dimmi che ci pensi anche tu”. Lo canterellavo (mentalmente) durante un pranzo molto cordiale, invitata da un signore che conosce l’uso di mondo e che conosce bene la mia forma mentis; quindi sa di poter contare su di me. Continuava a tornarmi in mente quel popolare refrain, perché intorno al tavolo sedevano altre persone a cui avrei voluto canticchiarlo – con parole mie – nell’imminenza di un seminario importante, in cui tutti loro potrebbero avvantaggiarsi e mettere in bella evidenza il meglio del loro fare.
Pensavo intanto anche al bellissimo libro di John LeCarré (Il Nostro Traditore Tipo – Mondadori –), un libro che i produttori di vini di alta gamma dovrebbero leggere*, perché è più eloquente di una ricerca motivazionale (ma anche perché è davvero appassionante!). Dentro c’è tutto, e quando scrivo tutto, lo penso davvero. Naturalmente bisogna avere la pazienza di leggerselo, di chiosarlo per bene, e poi farci su una bella riflessione; quel libro spazza via tutte le banalità che possiamo avere in testa (perché Le Carré sa un sacco di cose interessanti). Però bisogna avere la pazienza di leggerlo.
E con il tempo, ho scoperto che spesso i produttori dei vini più straordinari sono impazienti; è davvero paradossale, perché devono subire i capricci del tempo, attendere che venga il bello e sperare che non infierisca; la vite stessa, come tutte le creature dotate di forte personalità (e non servili), fa un po’ i comodi suoi; quando finalmente, dopo tante tribolazioni, come quelle che toccano a un genitore per crescere un figlio – ma concentrate in tre stagioni – esprime sé stessa e riesci finalmente a portare un po’ d’uva giusta in cantina, devi rimetterti in stand by, per capire se (e quando!) si mettono in moto quelle strane entità che fanno girare la testa alla natura e (come direbbero i piemontesi) la mandano “in cimbali”**; insomma, questi signori qui devono davvero esercitare l’arte della pazienza a tutto campo …
Però poi – quando si tratta di applicarsi a qualcosa che non è strettamente legato alla loro creatività e al vendere, diventano insofferenti e – mi pare – con rare eccezioni non trovano la pazienza residua per chiudere il cerchio (o l’ellissi) poggiando il loro prezioso nettare su un gradino più alto. Ci pensavo – a Le Carré e a Mariù, e alla bellezza dei paesaggi intorno a Sant’Angelo – durante questo interessante pranzo, pieno di chiacchiere e occhi intensi.
* ne ho una copia e posso prestarla. **così dicono a Cuneo.