Un sabato nel Villaggio

Un paese che si svuota – proprio come si legge nelle ricerche dell’Istat e nei servizi giornalistici – ma che ospita ancora spiriti vivaci e indomiti. Le donne di Sant’Angelo in Colle (massì facciamo un po’ di pubblicità!) riescono a sfamare più di centocinquanta persone in un botto; accade nelle circostanze più disparate e in occasioni eterogenee – per un aiuto umanitario, o per una ricorrenza paesana di cui solo pochi ormai hanno memoria –, il menu è ancora di una toscanità molto locale, come la parlata, che varia quasi da podere a podere, ognuno con i suoi modo di dire. I pranzi, sempre eccessivi (spesso con due primi, preceduti da antipasti, seguiti da tanta carne) ancora esorcizzano una fame secolare. Una fame che ha aguzzato molteplici ingegni delle donne, che con un po’ di farina, acqua e semi di finocchio preparano le “donzelle”, fritte nell’olio. Pericolosissime per la linea sono perfette con un bicchiere di Rosso, quello vero, di Montalcino. Queste, preparate il sabato le abbiamo mangiate domenica scorsa, per una buona causa

2 pensieri su “Un sabato nel Villaggio

  1. Mia nonna materna, montalcinese DOC, me le preparava spesso, ma non metteva i semi di finocchio.
    Ottime da sole, commoventi con Bologna o finocchiona, con la Nutella per i più golosi…un caposaldo della cucina della mia infanzia.

    • Commovente l’attitudine di ‘lavorare’, di farsi carico, di prendersi la briga. Nonostante l’impoverimento demografico, queste balde signore ci sono. Sono questi gesti di una piccola collettività a tenere viva una frazione di Montalcino in cui le lingue prevalenti sono l’arabo (operai agricoli) e il polacco (badanti). La piccola comunità di tunisini è in crescita (fanno figli) e guizzante (ci sono molti giovani); hanno casa proprio nella parte antica del paese, sono informatizzati, pregano in un loro piccolo locale-moschea; sono cordiali. Ma hanno altre abitudini e da qualche anno a questa parte, tutte le donne portano il velo: niente di drammatico, ma stabilisce un’evidente diversità, a cui essi tengono.
      Lontani sono i tempi in cui io – milanese – ero considerata ‘esotica’, anche se avevo intensi rapporti con i nativi di qui; ora sono sempre considerata come ‘una di fuori’, mentre ho l’impressione che chi viene da luoghi più lontani sia categorizzato come ‘un male’ necessario.
      Siamo ben lontani dal cosmopolitismo e dall’uso di mondo che dovrebbe essere connaturato alla produzione di uno dei nostri prodotti più conosciuti, nel mondo. Ma queste donne esprimono i sentimenti migliori del luogo.

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