Mi viene da dirlo così, all’amica che stasera al telefono mi ha chiesto se i capelli me li sono fatti tagliare molto corti, rispondo che “no, ma sembravo un leone e non mi piacevo, semmai vorrei essere Leonida, e affrontare i persiani”; mi è uscita questa frase che in altri tempi sarebbe rimasta una battuta e invece – dall’altra parte del telefono – la voce della mia amica diventa seria, mentre commenta che davvero non si può pensare che uccidendo la madre dell’Europa, con tutto il suo portato di storia e di miti, in cui affondano le radici della nostra psiche e della nostra conoscenza, non vi saranno conseguenze.
E’ l’epilogo di una giornata iniziata quasi all’alba, al mare – dove le aguglie schizzavano fuori dall’acqua, lasciando lievi tracce in piccole onde che facevano l’acqua più scura, con arabeschi lievi, eleganti -. Sulla lunga spiaggia, rinfrescata da un vento che veniva da sud ed era fresco, quasi freddo, c’era poca gente (forse un terzo dei bagnanti dell’anno scorso) e ancora meno spensieratezza vacanziera.
Sono con un’amica (un’altra) che è stata, come me, una habitué di questa spiaggia per decine d’anni; il nostro punto di vista è consapevole, ma non abbiamo molta voglia di piangere su questo nostro paese dove pare che politica e intrallazzi siano diventati sinonimi. Le racconto che sto scrivendo “un pensiero” per un imprenditore che mi sembra interessato a certe idee che gli ho accennato. Le racconto di un amico americano che ha avuto esperienze analoghe alla nostra, ma in un contesto elettorale del suo paese; ci vengono in mente episodi della nostra vita di lavoro, chiacchieriamo di libri e ridiamo, persino.
Sembra di parlare di un altro mondo; io le racconto che ho appena terminato l’ultimo libro di Markaris, ambientato come sempre, ad Atene, in una Grecia sfinita dalle privazioni. E’ pensando a Markaris e alle sue analisi sempre lucide messe in bocca ad alcuni personaggi nei dialoghi acutamente disegnati, che mi tornano in testa la Grecia e l’eroico Leonida, la sua risposta irridente a Serse che gli chiede di arrendersi e deporre le armi – “Molòn Lavé” (venite a prenderle), risponderà il greco -.
Quella risposta mi piace molto: è il contrario della rassegnazione al peggio, allo scivolo narcotizzante, alle recriminazioni sulla politica e i suoi uomini incapaci. E’ uno spirito che mi sembra anche di avvertire qua e là, nella corrispondenza con gli amici, e che va facendo breccia nell’opacità del pessimismo generale. Forse bisogna essere vecchi, per ricordarsi del dovere della dignità? E fa niente se la battaglia delle Termopili è costata la vita a Leonida. Perché è dal 480 a.C. che lui ci insegna, con una battuta, a non piangerci addosso.