E’ primavera e ho il mal di gola. Che implicitamente dà ragione alla stagione. Le montagne russe della temperatura – sale e scende da un minuto all’altro, con dei grandi nuvoloni che svelano e velano, rivelando il vero spirito di questo maggio ballerino – ci suggeriscono prudenza (“maggio, adagio”). Io ho avuto il dono di una seconda nipote, dopo una prima che era giunta a ravvivare il paesaggio umano un paio d’anni fa. E questa seconda nipote mi si affaccia in tutta la sua diversità, dalla prima; già un po’ aliena come visual (avrebbero detto gli art director d’antan), emette anche suoni polarmente diversi, più sonori, più pieni e meno acerbi.
Con un po’ di spirito d’osservazione si può già intuire, anche nelle creature alla loro alba, qualche carattere particolare e cogliere i primi fili di una comunicazione che inevitabilmente, nel suo strutturarsi, perderà qualcosa della propria essenza e acquisirà, in cambio, suggestioni dal circondario. Non sono innamorata dei bambini a prescindere; talvolta mi conquistano, altre volte mi sono un po’ antipatici. Ma di solito questa antipatia sboccia nei momenti particolari, quando hanno dalla loro parte un adulto che li ‘manda avanti’, come fossero dei fenomeni.
Ci sono cose che mi parrebbero obbligatorie, con i bambini: di certo sarebbe bello che tutti conoscessero alberi, fiori, erbe e animali. Ho l’impressione che la gente di campagna (cioè chi ci sta da sempre) non colga l’importanza di questa conoscenza, che potrebbe dare un valore diverso alla vita vissuta – almeno in parte – vicino alla terra: una cosa che sospetto sia sentita come un minus, rispetto alla vita in città.
Certo la città offre più libertà e un ventaglio di opzioni – per vedere, informarsi, divertirsi, conoscere – e poi l’anonimato, che in campagna è totalmente sconosciuto, come anche la discrezione, la riservatezza, il riserbo, il rispetto della privacy … sono argomenti che ogni tanto sfioro, per poi rinunciare ad andare più a fondo, perché mi pare di scorgere – in certe circostanze – anche calore e affetto, ma so che è un’illusione. Tuttavia la campagna dà così tanto alla mente, la stimola e la nutre di suggestioni continue; spinge a osservare e già veder crescere le piante (non è affatto come avere l’orto sul balcone!) come in un dialogo continuo tra di loro e con la stagione, vedere come reagiscono all’acqua e perfino alla grandine – la meteorologia è decisamente più vivace – arricchisce la mente e i sensi, con sentimenti più forti. Queste emozioni nutrono la psiche e dovrebbero essere rese accessibili a tutti i bambini. La campagna li può far sognare, e mi lascia perplesso quel modo di dire di certe madri – cresciute in campagna – che la rinnegano ai loro figli, come se la terra sporcasse le mani …