Tutti i Colori di un’Albicocca

Tra le gioie della campagna, può esserci il buon cibo. Scrivo “può”, perché non necessariamente tutti lo cercano, lo offrono, lo sanno preparare. La confettura di albicocche (non è in vendita) di cui parlo è frutto di una serie di combinazioni felici.

Ho sempre amato la parola spagnola per albicocca – “albaricote” – perché col suo suono riesce a darmi l’idea del sapore di un frutto tra i miei preferiti (e di un colore che dice tutto il bene del mondo).

Amo l’albicocco di Fonterenza – piantato da noi, poche decine d’anni orsono -; un albero avaro, come spesso sono gli albicocchi, che sembra seguire un suo pensiero segreto.

Quest’anno si è esibito alla grande con una super produzione: tanti frutti, di taglia media, tutti sanissimi (e mai neanche un trattamento, da quando è stato piantato!). Le ragazze di Fonterenza ne hanno raccolto una cassetta e l’hanno portata a Luca – il giovane chef de Il Leccio – che ha fatto la sua parte preparando una confettura che poi userà per i suoi dolci ‘hand made’, che propone a clienti ed amici.

(Se capitate al bar, nella piazza di Sant’Angelo, di primo mattino, Luca o il suo babbo vi proporranno, insieme al cappuccino regolamentare, una fetta di una torta “della sera prima”).

Ecco la breve storia di questa confettura – dall’albero alla fetta di pane su cui è stata spalmata, da Luca – in una mattina di giugno, seduti sotto gli ombrelloni, nella piazza di Sant’Angelo in Colle, con una lieve brezza fresca che induceva alla lettura, davanti a una tazzina di caffè. Filiera breve=storia corta.

Que vivan los albaricotes