Mentre ogni sorta di bufera impazza, e per l’ennesima volta chi governa cerca di far quadrare i conti inventandosi la vendita dei beni pubblici, mi sono scoperta a canticchiare compiaciuta – tra me e me – un Inno di Mameli inedito, in cui ‘cibo e vino’ stanno al posto ‘dell’elmo di Scipio’.
Ho, infatti, gli occhi pieni della carrellata di ben di Dio che – pagina dopo pagina – compongono l’Atlante di Qualivita, anzi i due atlanti – uno del cibo e l’altro del vino -, e pagina dopo pagina, la sfogliatura mi ha messo di un inatteso buonumore..
Conosco Mauro Rosati da un po’ di anni, e ho ricordi più precisi di lui da quando si è imbarcato in questa avventura chiamata Qualivita, di cui è segretario e animatore. Perché sin dall’inizio m’è sembrata un’impresa velleitaria e impossibile: anche se questo insieme di nostri specialissimi prodotti alimentari (e vini!), legati ai mille distretti (spesso microscopici) che parlano di un’Italia lontana dai meandri della politica, ce l’hanno nel cuore tutti i cittadini più attenti e sensibili, o forse mi sembrava un’impresa ardua, proprio per questo. Perché una cosa è percepire la ricchezza delle nostre produzioni agroalimentari “tipiche”, ben altra cosa è invece trovarle e repertoriarle…
Invece quando l’Atlante Qualivita è giunto a casa mia sono rimasta a bocca aperta…(Tranquilli che questa non è una captatio, né una ‘marchetta’ per ingraziarmi Rosati, a cui – in un’incursione ad hoc – farò, come lui mi ha chiesto, una libera critica del “prodotto”). Però, i due ‘libroni’ che pesano assai – ma te ne dimentichi mentre li sfogli – ti fanno incontrare tutti i prodotti del nostro paese, e ti rendi conto della ricchezza nostrale, del legame profondo tra cibo, vino e la terra da cui nascono. E le mani che li fanno sono mani davvero d’autore.
Ci saranno proprio tutti i nostri vini? E le nostre specialità? Non so rispondermi, perché nei due volumi ho trovato tutti i grandissimi vini italiani, ma anche l’umile ortaggio, la frutta e poi i salami, i formaggi, il pane …: tutto quello che rende l’Italia un paese così speciale e la nostra “qualità della vita” così rinomata. Ma non sono così esperta dell’argomento specifico, da accorgermi di eventuali mancanze. Quello che mi ha colpito, e che condivido con chi legge, è il progetto in sé, prima ancora della veste in cui esso è realizzato, o dell’assoluta completezza delle realtà rappresentate. Lo vivo come un inizio, uno strumento per acquisire coscienza del paese concreto – mille miglia dalla finanza che tutto traduce in perdite o guadagni, virtuali -.
Ora, bisogna che questi due volumi diventino un punto di partenza; come tutti gli atlanti.che descrivano i luoghi e ti fanno venire voglia di andarci e conoscerli; bisogna che, come tutti i libri, essi stimolino le idee. Perché, come diceva Sergio Polillo – uno degli uomini grandi della grande editoria, uno che non parlava inseguendo l’apparenza -, i libri devono stare aperti tra le mani degli uomini: devono circolare. Questi atlanti, da qui in poi, devono diventare strumenti di conoscenza diffusa. Io intanto ne manderei subito una copia a Ermanno Olmi, che vuol far ripartire l’Italia dalle campagne e dall’agricoltura. Un’Italia che fa, che sa ciò che fa.