Fade

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Un bel po’ di anni fa, mi sono ritrovata mentre dicevo, a un uomo a cui ero stata legata da affinità che credevo (anche in quel momento) uniche e irripetibili – un’alchimia perfetta -, parole che sorprendevano anche me mentre le stavo pronunciando. Mi ero scoperta, dentro, una dissolvenza di sentimenti, come un prosciugamento, non drammatico, né polemico: come al cinema durante una dissolvenza eloquente, quando la storia che stai guardando e ascoltando (e magari anche vivendo, tanto ti sei immedesimato), ti propone una virata bella, grande, profonda. Qualcosa che comporta un cambiamento di sguardo; proprio come accade quando finisce un innamoramento e non inizia l’amore, ma ti accorgi che si è spenta silenziosamente quella luce. “To fade” rende l’idea, di quello che succede in una giornata d’autunno; è un verbo che suona onomatopeico, che assomma in sé la nebbia (reale o metaforica) che sale e vela luoghi e pensieri e il sentimento che si prova, mentre spariscono i luoghi e i pensieri.