Domenica scorsa è finito il Ramadan, ma al paesello non ce ne siamo accorti perché la comunità tunisina è partita per le ferie.
In realtà qualcuno è tornato – proprio domenica – e con un giovane uomo (che ha lasciato la famiglia in Tunisia) parlavo lunedì sera dell’articolo 28 della nuova costituzione tunisina, in cui le donne sono definite “complementari”. Quella definizione andrebbe a posizionare le donne quali accessori “utili” – all’uomo, alla famiglia, alla società – anziché rafforzarne la parità – finora molto teorica e più realistica nel nord di quel paese, ma totalmente disattesa al sud.
Curiosamente, il mio interlocutore, a cui facevo presenti le manifestazioni (di donne e di uomini) avvenute soprattutto a Tunisi, faceva mostra di non saperne niente, mentre in modo per lui inedito (e piuttosto acceso) rinfocolava il proprio diritto di essere ‘religioso’.
Un diritto che – ovviamente – do per scontato, anche se l’Islam, da queste parti, suscita molte antipatie. Ma le antipatie e la sensazione che esso sia una specie di ‘corpo estraneo’ sono legate molto all’alto tasso di ignoranza e di paura di ciò che è del tutto o poco conosciuto.
Siamo molto lontani dal concetto di “fascino della diversità”, da entrambe le parti – paesani e immigrati – i primi che mal digeriscono lingua, costumi e novità portati da questi lavoratori spesso più scuri di pelle (fattore che tutt’ora inasprisce lo sguardo dei nativi); gli altri, che sono arrivati qui per lavorare e che sono anch’essi piuttosto chiusi nelle loro abitudini. Non solo, ma gli immigrati stabili – che hanno acquisito conoscenza del lavoro e vi sono cresciuti dentro – con le rivoluzioni della primavera araba e la presenza tra noi di imam, hanno acquistato sicurezza e ‘cittadinanza’ e sentono profondamente i loro diritti ad affermare un senso della vita che io definisco – tra me e me – meno ‘pornografico’.
E’ paradossale – riflettevo, mentre chiacchieravo con il giovane tunisino – ragionare delle prospettive poco ilari per la metà femminile del cielo, in quel di Tunisia – stando però su una terra e in un paese in cui le donne sono viste ancora con occhio arcaico, anche (soprattutto) nel piccolo paese in cui vivo attualmente.