Entomologia

Quando parli con un abitante del piccolo paese e questi ti racconta dettagliatamente i guai di qualcun’altro (ti accorgi che gli si illuminano gli occhi!) sarai certo che a qualcun’altro racconterà di te, del tuo sguardo, delle eventuali angosce o dei problemi che ti sarai magari lasciato sfuggire. Se hai sempre abitato luoghi più movimentati di un piccolo paese (in cui se fosse possibile sarebbe criticata anche la frequenza con cui fai la pipì), ti sarai stupito intuendo quanto “gli altri” siano il principale – o addirittura l’unico – argomento di conversazione … Chiacchiere non sempre innocenti che circolano sulle persone  – situazione famigliare, corna, salute, molestie, banca (i soldi degli altri interessano moltissimo!) – sono all’ordine del giorno, ma c’è sempre un tocco speciale, ed è il sorprendente piacere che pare suscitare l’eventuale altrui disgrazia, soprattutto se i problemi ce li ha qualcuno che aveva l’aria di vivere una vita diciamo così abbastanza spensierata.

Dev’essere un morbo tutt’altro che raro nell’universo mondo (paesano), se in tedesco c’è addirittura una parola composta per dirlo – Schadenfreude (gioia maligna, o delle altrui disgrazie) -; una variante un po’ più sofisticata è quella che prevede la descrizione delle fortune davvero immense e sfacciate di qualcuno/a che si suppone tu abbia in uggia, o che si presume ti stia antipatico/a, ovviamente per farti torcere dalla rabbia, e fare in modo che tu lasci trasparire i tuoi sentimenti per poi riferire ad altri.

Se invece esprimi dispiacere, quando ti raccontano i guai di qualcuno, allora ci si affretta ad aggiustare il tiro e aggrottare la fronte, con aria di partecipazione. Può risultare difficile capire dove finisce la chiacchiera, magari boccaccesca, ma innocua, e dove inizia quello che diviene tradimento della privacy, anche se è facile capirlo per ciò che riguarda la riservatezza “assoluta” a cui sono tenuti, per esempio, gli addetti di una banca, o quelli delle istituzioni.

Difficile convivere con le chiacchiere, in un piccolo centro; difficile non provare malessere e un senso di impotenza, ma anche di paura. Prima di tutto la paura di diventare così – è più facile di quanto si possa immaginare, riflettevo – e lasciarsi trascinare in un gorgo un po’ melmoso… Un buon antidoto è la lettura, perchè ci sono molti autori – Piero Chiara è uno degli esempi più importanti – che dalle chiacchiere paesane, dalle avventure e disavventure di famiglie, parroci, notai, massoni, medici, ostetriche, eccetera hanno tratto racconti (romanzi) appassionanti e anche molto divertenti. Chi non legge – recitava in uno spot pubblicitario Luciano De Crescenzo – resta come il cavallo … A me pare che chi non legge si perda un bel pezzo di vita e l’occasione per recuperare un po’ di uso di mondo e imparare a dire ciò che si pensa liberamente.

Conserve di ricordi

Il vecchio podere ha vissuto stagioni tra loro assai diverse. Rispetto ai suoi coetanei e anche ai poderi più recenti ha conservato i suoi caratteri, e il suo carattere. Due aspetti diversi – il secondo più intimo e avvertito solo da persone particolari, il primo più immediatamente accessibile -. Tutto sembra sia avvenuto casualmente, dal giorno ormai lontano in cui l’abbiamo visto per la prima volta, tenuti per mano da un amico innamorato della Toscana e soprattutto di queste colline – al confine tra Maremma e senese, allora parecchio selvagge e quasi sconosciute -. In verità, ha contato molto la percezione che ogni sasso, ogni pezzo d’intonaco, ogni mezzana sdrucita non fosse lì per caso, ma ricordasse presenze di uomini e donne, durante cinque secoli – tant’è l’età in cui si è venuta stratificando la casa – in cui vi si sono avvicendate famiglie di contadini e di mezzadri. “Senz’acqua, senza luce – così mi viene, parafrasando – ma piena di memorie  e di pensieri.”

Che sia un luogo speciale lo intuiscono anche quelli che ci arrivano da lontano e da altre culture, colpiti dalla bellezza generale della zona, talvolta un po’ manierata – tutta ferro battuto, filari di cipressi, con gli arbusti giusti al posto giusto, ben pettinati e intenti a rappresentare la Toscana, come i toscani (e gli immigrati di lusso) pensano debba essere, per essere all’altezza di un qualcosa che si è decisamente perduto di vista.

Perché quel qualcosa (e per favore non chiamiamolo genius loci, fingendo di sapere che cos’è!), più che di archi, scale, giardini rustici, travi a vista e coppi, è fatto di storie e pensieri, e sentimenti, e lavoro di campagna, di cui chi sa leggere a volte può trovare traccia in questi vecchi poderi. E sono quelle tracce a volte impossibili da cancellare altre volte così sfuggenti che sembrano frutto di un’illusione soggettiva, che quando le incontri – più che riconoscerle ti sembra di sentirle – possono diventare qualcosa di speciale, che ispira nuove idee, amori, lavori e vite (raramente tranquille).

Quando ho conosciuto il vecchio podere e sospettato una storia intensa, si faceva fatica a trovare una camera per la notte. Erano tempi in cui l’inverno era così freddo che – con una battuta – pensavo di essere arrivata in val d’Aosta; ma le estati erano così torride che pareva di vivere in prossimità di un incendio continuo. Guai a me se penso ‘altri tempi’, perché le conserve di ricordi sono quasi più saporite degli originali.

Ora, che le camere per dormire si trovano e purtroppo spesso ti porgono lo stile d’antan non sempre ben imitato, le crepe vere si rivalutano e i ricordi pure. Bisognerà conservarli in modo adeguato, perché non solo non devono inacidire, ma serviranno pure a far sapere che alle tue spalle c’è qualcosa di vero, anzi davanti a me.DSCN6233 DSCN6229DSCN6226