Meno Islam, più Calvino

DSCN8693Se penso a cosa augurarmi (e augurare) a Capodanno, per il 2015  che non mi pare stia spintonando per fare capolino nelle nostre vite, l’augurio che mi viene spontaneo è proprio quello del titolo del post. Chi non è afflitto da manie catalogatorie non potrà insultarmi gratuitamente per questa invocazione che mi fugge dal sen e rattener non posso; infatti, se con la memoria (o con il mouse) si ripercorre un’annata di titoli di giornali, di rubriche televisive, di antologie di ogni tipo e genere, non si potrà che constatare la ridondanza dell’Islam (“non bisogna offendere quelli che provengono da un’altra cultura” è solo uno degli inviti pressanti uditi mentre si chiede di togliere crocefissi, eliminare presepi, alberi natalizi, modificare feste tipiche dell’occidente moscio che mi tocca abitare oggi), e di ri-constatare invece la totale assenza di discorsi, citazioni, allusioni a Calvino. No, non l’ottimo Italo (peraltro anche lui sotto menzionato), ma parlo proprio di Jean Cauvin, chez nous Calvino, a cui si allude (raramente) evocando una certa etica severa, quasi moralistica, di cui – lo confesso – leggendo quotidianamente di ladri, sospetti tali, grassatori, concussi, collusi, bugiardi, falsari e madonne finte, senza scordarmi dei madonnari loro protettori, avverto profonda nostalgia.

A scanso di equivoci, risentimenti gratuiti, fraintendimenti autentici o simulati di chi si dichiara “di sinistra” (che cos’è?), chiarisco che non ce l’ho con immigrati che lavorano sodo, rifugiati, fuggiaschi, o semplicemente persone diverse dalla sottoscritta, appartenenti a religioni diverse (io non credo in alcuna), a culture e abbigliamenti altri, ma non se ne può più di un’Italia i cui abitanti – cominciando dai politici – non si sentano in dovere di – in primis – difendere e promuovere la propria cultura, rigorosamente rispettando quella degli altri, ma senza arretrare, concedere o cedere di un millimetro rispetto ad essa. Un po’ più di spirito calvinista è quello che mi auguro venga spruzzato nel bibitone dolciastro e un po’ putrescente che mi hanno fatto bere quotidianamente in questo agonizzante anno.